E LA CREATIVITÀ
«Noi della creatività nel
senso pieno del termine - così come di noi stessi, della nostra facoltà di
giudizio, e della nostra libertà! - non sappiamo più nulla e ovviamente, non
sapendo nulla, ricadiamo continuamente nella loro soluzione e nelle braccia del
loro re-filosofo (il visionario-metafisico di turno).
Questo il problema e questa l’urgenza: sapere della creazione, della
produzione del nuovo, della creatività del comportamento di tutti gli esseri
umani e a tutti i livelli, non limitatamente alla sola “creatività” esecutiva -
all’abile intelligenza di sudditi o di animali in trappola - nella “caverna”
universale (‘cattolica’) di Platone.»
Da questo estratto si evince come l'autore consideri la creatività come
qualcosa che non comprendiamo più, che ci sfugge dalle mani, e che quindi
finisce per controllare noi.
Prima di tutto dovremmo dare una definizione esatta di creatività che secondo
l'accezione comune è la capacità di creare qualcosa di nuovo, attraverso le
proprie capacità cognitive.
Quindi in questa definizione sostanzialmente ci allontaniamo totalmente
dall'idea che creare sia qualcosa di soggetto e suddito alla società della
produzione e del consumo. Per questo motivo l'arte, la musica, almeno in teoria
sono, a parte la musica leggera, slegati da una pura logica di guadagno o di
produzione. Gli artisti, i musicisti, colti dall'ispirazione, seppure inseriti
in un contesto sociale che li obbliga a cercare di ottenere una forma di
sostentamento, creano qualcosa di nuovo non in prima istanza per essere
apprezzati, ma perché creare è qualcosa che li gratifica. Forse ci potremmo
domandare quale sia il motivo per cui desideriamo creare cose nuove, e la
risposta potrebbe essere in un desiderio condiviso da tutti di sconfiggere in
qualche modo la morte. Sono in parte convinto che tutti gli esseri umani
abbiano la capacità di creare qualcosa, di mai fatto prima, di unico, e quindi
condivisibile e apprezzabile dagli altri, però non tutti riescono a superare la
paura di essere giudicati. Molte persone si fermano ancora prima di creare
qualcosa, per il semplice fatto che temono il giudizio degli altri. Questo
comportamento è prima di tutto sbagliato in quanto la creazione è qualcosa di
intimo e personale, e quindi non deve avere come primo fine quello di
soddisfare i gusti delle altre persone. Alcune persone riescono a superare
questo scoglio iniziale grazie a un momento d'ispirazione, uno «spleen», , che
prende possesso della loro mente in maniera così pervasiva, da non permettere
loro di fare altra cosa che non sia creare. Infatti comunemente si intende
ispirazione come eccitazione della mente, della fantasia o del sentimento che
spinge un individuo a dar vita ad un'opera. Quindi si può definire lo stato
creativo come uno stato di veglia, in cui la persona riesce in qualche modo a
collegare significati, a comprendere la realtà in un modo suo tutto personale
ed emotivo. Si perché ogni creazione passa necessariamente per il filtro delle
nostre emozioni e quindi ci rispecchia, in come siamo e in quello che proviamo.
Io personalmente ho avuto la mia prima ispirazione, la mia scintilla creativa
tramite un sogno, che era così particolare, così dettagliato e così unico che
ho sentito la fortissima necessità di metterlo per iscritto, e da qui parte la
mia esperienza nel mondo della scrittura. Il problema è che essere creativi il
100% del tempo è praticamente impossibile infatti ogni scrittore, arista,
poeta, trova dei momenti precisi della giornata, nei quali si isola totalmente
dal resto del mondo per poter usare a pieno le proprie facoltà.
Dato che però non si può aspettare ogni volta che la molla dell'ispirazione si
attivi da sola, a causa di qualche stimolo esterno, si tende a trovare delle
strategie, quali un certo tipo di musica, o la lettura di un certo tipo di
libro, che permettono di sentirsi ispirati. Capita però, a volte, che
l'ispirazione tardi ad arrivare, e ci si trovi nella cosiddetta «crisi
creativa» per la quale passano tutti gli artisti. Ritengo che la crisi creativa
si debba alle forti pressioni della società che ci spingono, in alcuni casi, a
pensare che quello che stiamo creando non abbia valore. Si perché se il valore
si associa meramente all'economia e se non si appartiene al cosiddetto «main
stream», si può pensare che le proprie creazioni non abbiano un valore
intrinseco, motivo per cui ci si sente abbattuti.
Lorenzo Carbone
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