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domenica 3 febbraio 2013

Riccardo Vecellio Segate si racconta a "scritturati"

Riccardo Vecellio Segate nasce a Peschiera del Garda (VR) il 22 luglio 1994, è tra i giovani artisti più premiati in Europa.
Allievo di Aldo Ciccolini dall'età di 14 anni, si è perfezionato in Austria, Francia e Italia con i più grandi pianisti e didatti del mondo (tra cui Alberto Nosè, Karl-Heinz Kämmerling, Vassilia Efstathiadou, Federico Gianello, Enrico Pace, Michel Béroff, Oxana Yablonskaya, Anna Kravtchenko, Franco Scala, Leonid Margarius, Carlo Grante, Lauri Väinmaa, Gerlinde Otto, Seppo Salovius, Alicja Kledzik, Julio Mourenza Torreiro, Vittorio Bresciani, Ionela Butu, Giuseppe Fricelli, Pascal Rogé) presso istituzioni quali l’Universität Mozarteum di Salisburgo, la Steinway Society di Verona, il Conservatorio Statale "A. Pedrollo" di Vicenza e il Conservatoire National à Rayonnement Régional “Pierre Cochereau” di Nizza, partecipando ai concerti dei migliori allievi.
 
Ha vinto premi, borse di studio, menzioni e segnalazioni speciali in più di 40 competizioni nazionali e internazionali di pianoforte, poesia e saggistica breve.
Socio di prestigiose società culturali, ha pubblicato articoli e poesie in importanti riviste specializzate, e ha collaborato ad alcune pubblicazioni.
 
Frequenta il Conservatorio Statale di Verona e ha studiato al Liceo Scientifico Statale "Angelo Messedaglia" della stessa città.





Mi ha dato molto da pensare, più di quanto solitamente mi capita davanti al foglio bianco, come entrare in questo microcosmo poetico. Perché non è di poesia che abitualmente scrivo, perché mi sto assumendo la bella responsabilità di introdurre un’opera prima, perché infine la giovanissima età del poeta – oggi diciottenne e pur tutt’altro che debuttante – è riferimento imprescindibile quanto insidioso nella formazione di un giudizio.
Troppi scrupoli? Può essere. D’altra parte Riccardo Vecellio Segate mi ha còlto un po’ di sorpresa chiedendomi questa prefazione, così come altre volte ha provato a fare – a cogliermi di sorpresa, intendo – con le sue domande nei due anni in cui l’ho avuto di fronte in un’aula di conservatorio; il più giovane fra i miei studenti di quel corso, ma anche quello che più apertamente manifestava la sua curiosità di sapere e capire, la sua determinazione a cercare stimoli intellettuali e a provocarli se non bastavano quelli ricevuti.
Già prima di allora mi si era presentato, quindicenne, chiedendomi di frequentare in anticipo le mie lezioni e offrendomi quale credenziale alcune delle sue poesie. Leggendole capii – e ora ne ho la conferma – che molte domande se le era già fatte da solo e da solo aveva provato a rispondersi scrivendo poesie.
Un universo di realtà, anche nelle sue zone d’ombra, si schiude con l’uso “poetico“ (alla lettera “creativo”) della parola che pesca nel lessico quotidiano e vi scopre sensi insospettati, sfumature mai còlte nel parlar comune, una sorprendente capacità di scandagliare fatti e sensazioni che il linguaggio della poesia rappresenta in termini tutti da (ri)scoprire. Esperienza fortemente formativa in ogni età, tanto più la poesia lo è per un adolescente che abbia la voglia e, perché no, il coraggio di percorrerla. A Riccardo Vecellio Segate né l’una, né l’altro mancano; come non gli manca l’attitudine a servirsi della parola per afferrare la realtà, con essa misurarsi per raccontare di sé adolescente in cerca di un proprio posto in questa realtà.
C’è, in Teneri e precarî, la trama sottesa di una storia evolutiva interiore, fissata dalla disposizione rigorosamente cronologica delle liriche che l’autore ha scelto per questa sua prima “personale”.
[...]
Nitide intuizioni di un giovanissimo che ha da poco passato la soglia dell’adolescenza e fa della poesia lo specchio esistenziale dove riflettere la propria immagine in versi seminati di belle promesse. Viene poi la stagione intensa delle letture formative, parte integrante di un apprendistato poetico nutrito di Ungaretti, Montale, Quasimodo, Luzi, Zanzotto, Merini e molto di Wisława Szymborska (Premio Nobel 1996). Il passo poetico si fa più sicuro, l’espressione più essenziale e incisiva, le forme si raffinano in calcolate geometrie di rime e metri che valorizzano l’espressione. Promesse mantenute, dunque, in tematiche che ritornano accanto ad altre che si aggiungono.
[...]
Sei anni o poco più di una vita trascorrono fra la prima e l’ultima delle liriche comprese nella raccolta. Molti, se questi anni sono quelli fra i dodici e i diciotto, gli anni più intensi di svolte decisive senza ritorno. I versi di Teneri e precarî scandiscono con lucidità appassionata le fasi di questo trapasso e accompagnano l’autore a conquistarsi una nuova esperienza del reale, capace di offrire consapevolezze altre in vista delle scelte di vita che ormai non tarderanno a chiamare all’appello.
Quello dell’esperienza di crescita rimane in sottofondo il motivo portante della raccolta. Se a quattordici anni ci si chiede «se per diventare grandi / un sogno debba finire» (Solo qui), a diciotto – in Punto di fuga, emblematica conclusione del percorso – arriva la risposta: «Cercavi solo un punto / di fuga, / un soffio / Per migrare dal sogno». E la poesia, in questo, può ancora aiutare; e molto.

 MARCO MATERASSI - prefatore della silloge





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