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giovedì 12 dicembre 2013

"IL RE DEL VENTO" di Domenico D'Errico - la recensione per "scritturati" a cura di Giovanna Albi


IL RE DEL VENTO
di Domenico D'Errico - Lupo Editore

Valerio Manfredi, il protagonista, è un medico che  vive e lavora a Foggia; profonde le sue energie nel lavoro,  nonostante le intemperanze dei colleghi e dei pazienti ricoverati. Inoltre esercita anche  nel proprio ambulatorio, per il quale è alla ricerca di un’infermiera . Si presenta Laura, giovane sensuale e professionalmente valida, che, con il passare del tempo, esercita un’attrazione sempre più forte su di lui, che, reduce da una storia d’amore finita male,  si presenta guardingo sotto l’aspetto sentimentale. Fino al giorno in cui Laura lo invita a trascorrere una domenica al paese dove vivono i genitori, Santa Lucia, in Capitanata. Lì Valerio scopre che il padre di Laura in realtà è il maresciallo della locale stazione dei carabinieri.

Durante il soggiorno, Valerio  soccorre il bibliotecario della locale biblioteca, colpito da una crisi cardiaca,  trasferito poi  con l’eliambulanza presso l’ospedale di Foggia. Suo figlio Roberto,  confida al maresciallo, presente Valerio, la scomparsa del mazzo di chiavi in cui il padre teneva anche quelle di casa, oltre a quelle della biblioteca. Nei giorni successivi Valerio farà visita al bibliotecario in ospedale, e da lui verrà a sapere che il giorno del malore il bibliotecario stesso aveva avuto un incontro con una persona, della quale al momento preferisce non parlare.
Intanto il rapporto tra Valerio e Laura si trasforma in una storia d’amore, con tutte le paure che questa scatena nell’animo del medico a causa della recente cocente delusione.
Una triste mattina Valerio torna a trovare il D’Airola in cardiologia, ma gli viene riferito dall’infermiere del reparto che il bibliotecario è deceduto durante la notte per una nuova e letale crisi cardiaca. Per voce dello stesso infermiere, il D’Airola ha lasciato un oscuro messaggio per Valerio.

Il libro di Domenico D’Errico è un testo intelligente, in cui la genesi e lo svolgimento di una storia d’amore si intreccia abilmente con un giallo medioevale , in un incontro fervido tra passato e presente. Lo scrittore è un esperto di storia  e riesce a ricreare con veridicità  gli ambienti, le atmosfere, gli eventi della storia del Sud dell’Italia, contesa tra Arabi, Normanni e Svevi .
Si avverte forte e pungente l’attaccamento alle origini foggiane e la consapevolezza che senza  la conoscenza della sua storia l’uomo perde l’ identità e i suoi rapporti con quanto di ancestrale ha da spartire proprio con se stesso. La storia, non solo quella lontana , ma anche quella personale, è quanto di più ineludibile ci sia, è quanto ci fa riconoscere allo specchio nonostante il tempo che passa. Il tempo è un grande scultore, sembra dirci l’autore , è senecanamente il nostro tesoro , quello che niente e nessuno potrà strapparci. Non a caso proprio Seneca del De brevitate vitae viene citato, e proprio  in quel testo che è una riflessione sul tempo. Pregevole è dunque la conoscenza storica che permea ogni pagina del libro, mentre la storia d’amore si dipana con una straordinaria delicatezza di sentimenti e un sacro rispetto per la femminilità. Particolarmente felici le analessi, in cui l’autore ripercorre la sua biografia tra Lucera, Roma, Foggia, dove si scopre con tutta la sensibilità del suo animo, dando luogo a squarci altamente lirici. Viene così ricreata la sua esperienza di studente, con tutto il rimpianto per quel mondo in parte perso, ma recuperato attraverso il ricordo; il soggiorno a Roma, quando era studente di Medicina presso l’Università  La Sapienza, gli entusiasmi di vivere nella città caput mundi, in una dimensione che solo Roma sa conferire. Il rapporto con il mondo antico e moderno viene sviscerato e ampio spazio occupano le relazioni umane, quelle che lo legano al mondo dell’infanzia, della giovinezza e della maturità, in cui svolge la professione di medico con dedizione e passione,nonostante i rapporti non siano sempre soddisfacenti e vi siano evidenti disfunzioni nella Sanità. 

Forte è l’attaccamento ai libri; credo che Domenico D’Errico sia un grande lettore, oltre che uno straordinario scrittore, perché i libri sono i depositari della nostra memoria e platonicamente l’Essere coincide col ricordare. In sintesi tutto il mio plauso va ad un libro , la cui trama abilmente intreccia i fili della narrazione di avvenimenti acutamente scandagliati e intessuti e artisticamente disegnati da un’arte narrativa non comune, specie in questo mondo in cui tutti si improvvisano scrittori.
D’Errico è uno scrittore vero, non solo perché sa narrare , ma perché vero è il suo sentimento di legame alla sua terra, dove padrone è il vento in tutte le sue manifestazioni: lugubre, nei ricordi del protagonista che lo associa alla morte in reparto, quando era alla scuola di specializzazione a Roma, di un ragazzo per meningite, triste quando soffia attraverso la finestra della torre,  e delicato e leggero, alla fine. 


Giovanna Albi


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