di Domenico D'Errico - Lupo Editore
Valerio Manfredi, il
protagonista, è un medico che vive e lavora a Foggia; profonde le
sue energie nel lavoro, nonostante le intemperanze dei colleghi e
dei pazienti ricoverati. Inoltre esercita anche nel proprio ambulatorio, per
il quale è alla ricerca di un’infermiera . Si presenta Laura, giovane sensuale
e professionalmente valida, che, con il passare del tempo, esercita
un’attrazione sempre più forte su di lui, che, reduce da una storia d’amore
finita male, si presenta guardingo sotto l’aspetto sentimentale. Fino al
giorno in cui Laura lo invita a trascorrere una domenica al paese dove vivono i
genitori, Santa Lucia, in Capitanata. Lì Valerio scopre che il padre di Laura
in realtà è il maresciallo della locale stazione dei carabinieri.
Durante il soggiorno, Valerio soccorre il bibliotecario della locale biblioteca, colpito da una crisi cardiaca, trasferito poi con l’eliambulanza presso l’ospedale di Foggia. Suo figlio Roberto, confida al maresciallo, presente Valerio, la scomparsa del mazzo di chiavi in cui il padre teneva anche quelle di casa, oltre a quelle della biblioteca. Nei giorni successivi Valerio farà visita al bibliotecario in ospedale, e da lui verrà a sapere che il giorno del malore il bibliotecario stesso aveva avuto un incontro con una persona, della quale al momento preferisce non parlare.
Intanto il rapporto tra
Valerio e Laura si trasforma in una storia d’amore, con tutte le paure che
questa scatena nell’animo del medico a causa della recente cocente delusione.
Una triste mattina
Valerio torna a trovare il D’Airola in cardiologia, ma gli viene riferito
dall’infermiere del reparto che il bibliotecario è deceduto durante la notte
per una nuova e letale crisi cardiaca. Per voce dello stesso infermiere, il
D’Airola ha lasciato un oscuro messaggio per Valerio.
Il libro di Domenico D’Errico è un testo intelligente, in cui la genesi e lo svolgimento di una storia d’amore si intreccia abilmente con un giallo medioevale , in un incontro fervido tra passato e presente. Lo scrittore è un esperto di storia e riesce a ricreare con veridicità gli ambienti, le atmosfere, gli eventi della storia del Sud dell’Italia, contesa tra Arabi, Normanni e Svevi .
Si avverte forte e
pungente l’attaccamento alle origini foggiane e la consapevolezza che
senza la conoscenza della sua storia l’uomo perde l’ identità e i suoi
rapporti con quanto di ancestrale ha da spartire proprio con se stesso. La
storia, non solo quella lontana , ma anche quella personale, è quanto di più
ineludibile ci sia, è quanto ci fa riconoscere allo specchio nonostante il
tempo che passa. Il tempo è un grande scultore, sembra dirci l’autore , è
senecanamente il nostro tesoro , quello che niente e nessuno potrà strapparci.
Non a caso proprio Seneca del De brevitate vitae viene citato, e proprio
in quel testo che è una riflessione sul tempo. Pregevole è dunque la conoscenza
storica che permea ogni pagina del libro, mentre la storia d’amore si dipana
con una straordinaria delicatezza di sentimenti e un sacro rispetto per la femminilità.
Particolarmente felici le analessi, in cui l’autore ripercorre la sua biografia
tra Lucera, Roma, Foggia, dove si scopre con tutta la sensibilità del suo
animo, dando luogo a squarci altamente lirici. Viene così ricreata la sua
esperienza di studente, con tutto il rimpianto per quel mondo in parte perso,
ma recuperato attraverso il ricordo; il soggiorno a Roma, quando era studente
di Medicina presso l’Università La Sapienza, gli entusiasmi di vivere
nella città caput mundi, in una dimensione che solo Roma sa conferire. Il
rapporto con il mondo antico e moderno viene sviscerato e ampio spazio occupano
le relazioni umane, quelle che lo legano al mondo dell’infanzia, della
giovinezza e della maturità, in cui svolge la professione di medico con dedizione
e passione,nonostante i rapporti non siano sempre soddisfacenti e vi siano
evidenti disfunzioni nella Sanità.
Forte è l’attaccamento ai libri; credo che Domenico D’Errico sia un grande lettore, oltre che uno straordinario scrittore, perché i libri sono i depositari della nostra memoria e platonicamente l’Essere coincide col ricordare. In sintesi tutto il mio plauso va ad un libro , la cui trama abilmente intreccia i fili della narrazione di avvenimenti acutamente scandagliati e intessuti e artisticamente disegnati da un’arte narrativa non comune, specie in questo mondo in cui tutti si improvvisano scrittori.
Forte è l’attaccamento ai libri; credo che Domenico D’Errico sia un grande lettore, oltre che uno straordinario scrittore, perché i libri sono i depositari della nostra memoria e platonicamente l’Essere coincide col ricordare. In sintesi tutto il mio plauso va ad un libro , la cui trama abilmente intreccia i fili della narrazione di avvenimenti acutamente scandagliati e intessuti e artisticamente disegnati da un’arte narrativa non comune, specie in questo mondo in cui tutti si improvvisano scrittori.
D’Errico è uno
scrittore vero, non solo perché sa narrare , ma perché vero è il suo sentimento
di legame alla sua terra, dove padrone è il vento in tutte le sue
manifestazioni: lugubre, nei ricordi del protagonista che lo associa alla
morte in reparto, quando era alla scuola di specializzazione a Roma, di un
ragazzo per meningite, triste quando soffia attraverso la finestra
della torre, e delicato e leggero, alla fine.
Giovanna
Albi
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