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domenica 12 gennaio 2014

LA FAVOLA BELLA DI SYNTHESIS E CALYPSO di Giovanna Albi - La recensione di PASQUALE PIZZOLO


LA FAVOLA BELLA DI SYNTHESIS E CALYPSO 
di Giovanna Albi - Drawup Edizioni

Goethe e Moravia, in successione, si chiesero come fosse possibile stabilizzare la disperazione nella consapevole accettazione di uno stato che scongiurasse la morte volontaria. Cerca di capirlo anche Synthesis, al principio del racconto di un’anima che nasce in tempi remoti con il fiato corto dell’imminente che sta per compiersi e l’idea errante sul volatile percorso della ribellione senza età. L’impatto con la realtà del disincanto e  il passaggio repentino dall’illusione all’arido vero, costringono la protagonista a maturare una svolta interiore per evadere dalla nebulosa del ricordo angosciante e godere del presente. Cullata dall’irresistibile eco dell’antica civiltà greca, inanella straordinari traguardi spirituali immergendosi nell’esplorazione di luoghi mistici e dottrine filosofiche mirate al raggiungimento della pace dei sensi, sensi nei quali dimora l’amore inteso come scrigno del Tutto in una perfetta interazione schilleriana fra corporeo e soprasensibile. Stagliato trionfalmente sulla scena, l’affresco di donna realizzato dall’autrice stila le regole necessarie e sufficienti al conseguimento della massima felicità perseguibile: quella in cui sacrificio e altruismo brillano di gratitudine nel calore ultraterreno di Calypso, un calore sacro, divino, dove germoglia la speranza, che diverrà certezza con la prosecuzione della lettura, del sublime appagamento morale.


Sarebbe irriguardoso collocare quest’opera nello scaffale del già letto. Librandosi nell’universo del Panismo dannunziano, l’armonia con la natura e la commistione coi suoi elementi non solo conferiscono a Synthesis le fondamenta per la riscoperta dell’Io ma soprattutto la disposizione consona a fomentare una rivoluzione sociale, che è quindi rivoluzione politica: quando, infatti, cessa leopardianamente di domandarsi dove siano finiti il senso di giustizia, di lealtà e di grandezza non dell’antica Roma bensì della sua Grecia, rapportandoli all’ipocrisia e alla corruzione dell’uomo contemporaneo, ecco che l’amore scaturito proprio dal rispetto della natura, e sviluppatosi estaticamente in una sua visione impareggiabile, reclama il diritto ad essere difeso nella sua dignità omosessuale. Si tratta di un amore contrario alle catene del conformismo che si fa portavoce del disagio per ottenere il riconoscimento spettante alla sua essenza di convogliatore e sorgente di vita. Nella propria totalità estrinseca infine il valore assoluto della bellezza, sprigionata radialmente a testimonianza della potenza artistica e culturale incamerata da una civiltà che ha bisogno di tornare a splendere attraverso di essa. E’ arrivato il momento di ribaltare la massima di Dostoevskij e asserire non che la bellezza salverà il mondo ma che il mondo è costretto a salvare la bellezza per rinascere. Con un femminismo alla George Sand, battagliero e geloso di sé, nel quale il rapporto fra donne si schermisce consentendo al maschio soltanto di sfiorarlo senza gustarne la meravigliosa complicità, lo stile utilizzato raggiunge vette di esistenzialismo fulgido con poderosi intarsi di realismo. Un realismo  che denuncia la pavida impostura quando agisce nel fermaglio della concretezza, prorompe invece nel culto di mitologia e classicismo quando fluttua nell’ideale. In quest’ultima circostanza il sostantivo affila le sue lame per forare l’ampolla dell’immediato e baluginare nella romantica raffinatezza, che assurge così a depositaria insostituibile della complessità spirituale.

Pasquale Pizzolo
(Recensionista 
del Programma Radiofonico 
Licenza di Leggere)



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