LA FAVOLA BELLA DI SYNTHESIS E CALYPSO
di Giovanna Albi - Drawup Edizioni
Goethe e
Moravia, in successione, si chiesero come fosse possibile stabilizzare la
disperazione nella consapevole accettazione di uno stato che scongiurasse la
morte volontaria. Cerca di capirlo anche Synthesis, al principio del racconto
di un’anima che nasce in tempi remoti con il fiato corto dell’imminente che sta
per compiersi e l’idea errante sul volatile percorso della ribellione senza
età. L’impatto con la realtà del disincanto e
il passaggio repentino dall’illusione all’arido vero, costringono la protagonista
a maturare una svolta interiore per evadere dalla nebulosa del ricordo
angosciante e godere del presente. Cullata dall’irresistibile eco dell’antica
civiltà greca, inanella straordinari traguardi spirituali immergendosi
nell’esplorazione di luoghi mistici e dottrine filosofiche mirate al
raggiungimento della pace dei sensi, sensi nei quali dimora l’amore inteso come
scrigno del Tutto in una perfetta interazione schilleriana fra corporeo e
soprasensibile. Stagliato trionfalmente sulla scena, l’affresco di donna
realizzato dall’autrice stila le regole necessarie e sufficienti al
conseguimento della massima felicità perseguibile: quella in cui sacrificio e
altruismo brillano di gratitudine nel calore ultraterreno di Calypso, un calore
sacro, divino, dove germoglia la speranza, che diverrà certezza con la
prosecuzione della lettura, del sublime appagamento morale.
Sarebbe
irriguardoso collocare quest’opera nello scaffale del già letto. Librandosi
nell’universo del Panismo dannunziano, l’armonia con la natura e la commistione
coi suoi elementi non solo conferiscono a Synthesis le fondamenta per la
riscoperta dell’Io ma soprattutto la disposizione consona a fomentare una
rivoluzione sociale, che è quindi rivoluzione politica: quando, infatti, cessa
leopardianamente di domandarsi dove siano finiti il senso di giustizia, di
lealtà e di grandezza non dell’antica Roma bensì della sua Grecia,
rapportandoli all’ipocrisia e alla corruzione dell’uomo contemporaneo, ecco che
l’amore scaturito proprio dal rispetto della natura, e sviluppatosi
estaticamente in una sua visione impareggiabile, reclama il diritto ad essere
difeso nella sua dignità omosessuale. Si tratta di un amore contrario alle
catene del conformismo che si fa portavoce del disagio per ottenere il riconoscimento
spettante alla sua essenza di convogliatore e sorgente di vita. Nella propria
totalità estrinseca infine il valore assoluto della bellezza, sprigionata
radialmente a testimonianza della potenza artistica e culturale incamerata da
una civiltà che ha bisogno di tornare a splendere attraverso di essa. E’
arrivato il momento di ribaltare la massima di Dostoevskij e asserire non che
la bellezza salverà il mondo ma che il mondo è costretto a salvare la bellezza
per rinascere. Con un femminismo alla George Sand, battagliero e geloso di sé,
nel quale il rapporto fra donne si schermisce consentendo al maschio soltanto
di sfiorarlo senza gustarne la meravigliosa complicità, lo stile utilizzato
raggiunge vette di esistenzialismo fulgido con poderosi intarsi di realismo. Un
realismo che denuncia la pavida impostura
quando agisce nel fermaglio della concretezza, prorompe invece nel culto di
mitologia e classicismo quando fluttua nell’ideale. In quest’ultima circostanza
il sostantivo affila le sue lame per forare l’ampolla dell’immediato e
baluginare nella romantica raffinatezza, che assurge così a depositaria
insostituibile della complessità spirituale.
Pasquale Pizzolo
(Recensionista
del Programma Radiofonico
Licenza di Leggere)
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