“Stay hungry, stay
foolish.”
Gianluca Ascione, in questa intervista, cita il celebre discorso
pronunciato all'Università di Stanford il 12 giugno 2005 da Steve Jobs e non potrei che essere in
totale armonia con il concetto dello
stare affamato di sapere e dello stare in uno stato di permanente follia.
Perché è questa la realtà dei
creativi: l’alienazione dalla società e dalle sue regole, lo “studio matto e disperatissimo” che compie un estenuante lavoro
di import and export di pensieri, storie, personaggi.
E Gianluca, giunto alla terza pubblicazione, dimostra di aver
intrapreso questo compito senza tregua, con
l’imago che tende al giallo, al poliziesco ed alla sua città, Treviso.
“Rapsodia in Rosso - Delitti nella Marca trevigiana”, edito nel giugno
del 2016 dalla casa editrice Panda
Edizioni, inizia con l’omicidio di una prostituta da cui prenderà avvio il
nuovo caso dell’Ispettore di Polizia
Rita Giannetti, donna capace e determinata, e dell’investigatore privato Emidio Galasso, uomo maldestro ma con un gran
cuore. Entrambi i personaggi provengono
dal suo precedente romanzo “Polvere & Ombra”.
Eccovi, dunque, alcune curiosità
e delucidazioni su “Rapsodia in Rosso”. Buona lettura!
Ciao Gianluca, benvenuto e ti ringrazio in anticipo per
questa intervista. Siamo qui oggi per parlare della tua terza pubblicazione
“Rapsodia in rosso” ma vorrei iniziare chiedendoti di raccontarci qualcosa dei
tuoi precedenti lavori.
Ciao Alessia, grazie per l’ospitalità!
Allora, partiamo dal romanzo d’esordio “Gocce di silenzio” che trattava la storia di un trentenne
agorafobico che osserva lo scorrere della vita dalla finestra del suo appartamento
nel quale vive confinato, finché la voglia di scoprire quel mondo esterno lo
porta ad escogitare lo stratagemma di utilizzare un’enorme bolla di sapone come
‘armatura’ per affrontare le sue paure. Un’opera a metà tra l’intimista e il
surreale, insomma. “Gocce di silenzio” è stato pubblicato nel 2013, ma era
un’opera scritta molti anni prima e rimasta chiusa nel cassetto perché non
riuscivo a trovare un editore disposto a pubblicarla. Poi, in seguito alla
partecipazione ad un concorso, ho ricevuto una proposta che ho deciso di
accettare e che mi è servita come esperienza diretta nel campo dell’editoria. Contemporaneamente,
ho continuato a scrivere racconti gialli e dopo la stesura di “Gocce di
silenzio” e la vittoria nel prestigioso concorso “Gran Giallo - Città di
Cattolica”, ho deciso di cimentarmi con un romanzo di genere ed è arrivato
“Polvere & ombra”, una storia ambientata a Treviso, la mia città, in cui l’Ispettore
di Polizia Rita Giannetti e l’investigatore privato Emidio Galasso indagano sul
caso di un professore universitario trovato morto nel proprio appartamento in
circostanze poco edificanti per un uomo della sua rispettabilità: ammanettato
al letto e vestito con indumenti intimi femminili. E ora è arrivato “Rapsodia
in rosso”, un nuovo caso che vede sempre come protagonisti l’Ispettore
Giannetti e l’investigatore Galasso.
Scrivere
un romanzo richiede sempre una quantità di tempo considerevole, ed è proprio
questa la mia curiosità: qual è stata la tempistica di realizzazione di
“Rapsodia in rosso” dalla genesi dell’idea al prodotto ben confezionato?
La tempistica è sempre soggettiva e
difficile da valutare a priori: ci dev’essere innanzitutto uno spunto che mette
in moto l’immaginazione e che permette di inventare la storia; poi si deve
concedere alla propria creatività di dare un’impronta personale e, nel caso di
un giallo, anche la capacità di non perdere il filo della storia e dei
particolari che servono a mettere a posto tutte le tessere del mosaico. Un
lavoro complesso, insomma. Nel caso di “Rapsodia in rosso”, che ho iniziato a
scrivere pochi mesi dopo la pubblicazione di “Polvere & ombra”, l’idea di
fondo su cui è impiantata la trama è nata dall’associazione di due fatti di
cronaca che avevo recepito in tempi diversi e che poi ho deciso di associare.
Diciamo che completare una prima stesura soddisfacente ha richiesto circa sei
mesi. Il titolo “Rapsodia in rosso” è stato estrapolato da un passo del libro. “Si
trattava di una rapsodia, un canto popolare della sua terra che narrava le
gesta di un fuorilegge e della sua vita avventurosa. Il canto che intonava ogni
volta che portava a termine un’esecuzione. Una rapsodia che si macchiava del
sangue della vittima. Rapsodia in rosso. Così l’aveva ribattezzata. Un gioioso
canto di vita che lui aveva trasformato in un funereo canto di morte.” Di più non posso proprio rivelare, altrimenti toglierei
qualunque gusto al lettore.
Mi piace quando un libro presenta una dedica, lo ammetto, e
quella che hai inserito mi ha colpito notevolmente perché mi ha solleticato diverse
riflessioni: “A tutti gli insani di mente
che perseverano nei propri sogni”. Vorrei, dunque, chiederti di esplicare
maggiormente il tuo pensiero sulla congiunzione che intercorre tra la follia e
il sogno.
Devo dire che è stata una dedica nata in
maniera assolutamente spontanea e immediata, forse perché mi coinvolgeva in
prima persona. Conosco molte persone che coltivano la propria passione nel
campo dell’Arte, dalla letteratura alla musica, dalla pittura alla recitazione,
e un comun denominatore che ho riscontrato in tutte queste personalità
profondamente differenti tra loro, è sempre quel briciolo di “insana pazzia”
che li accompagna. L’espressione di qualunque forma artistica presuppone la
volontà di inseguire un proprio sogno e fare questo richiede, oltre alla tenacia
e alla convinzione nei propri mezzi, una buona dose di follia che continui ad
alimentare quel sogno e non faccia cessare la fame. “Stay hungry, stay foolish.”
Il sottotitolo del thriller è “Delitti nella Marca
Trevigiana” ed anticipa l’ambientazione del tuo thriller. Siamo a Treviso, la
tua città. Quanto è importante per uno scrittore conoscere la città di cui
parla?
Se non è fondamentale, certamente è molto
importante. Ricordo che un mio professore di lettere delle superiori sosteneva
con forza che nei temi “dovevamo parlare
dei fatti, delle persone e degli ambienti che ci circondavano, perché uno stile
rappresentava la condizione di uno stato d’animo e uno stato d’animo era
l’espressione delle emozioni che provavamo in prima persona.”
Anche
se l’ho compreso dopo tanto tempo, devo convenire con quell’affermazione. La
conoscenza dei luoghi facilita la creazione dell’ambientazione: il fatto di
potersi recare fisicamente in un luogo permette di descrivere con più
precisione e verosimiglianza, non solo a livello di immagini ma anche come
profumi o sensazioni tattili ed emotive che quel posto evoca. Senza dimenticare
i personaggi che animano una città e che, a loro modo, fanno parte del folclore
locale con i loro comportamenti, i modi di fare, le espressioni verbali. Ed è
per questo motivo che decido talvolta di fare dei sopralluoghi e di avere occhi
e orecchi ricettivi quando mi capita
di passeggiare per la città. La forza di un giallo di provincia può essere
anche questa: la capacità di tracciare uno spaccato della società
contemporanea, con i suoi vizi, le sue virtù, i malcostumi e le frivolezze.
È l’estate del 2015. Rita Giannetti, ispettore della Squadra
Mobile, ed Emidio Galasso, investigatore privato, sono alle prese con una serie
di delittiapparentementesenza movente. Il nuovo caso dei due protagonisti si apre
con il ritrovamento di una prostituta. Rita ed Emidio sono cambiati rispetto al
precedente capitolo della saga?
Diciamo che, fondamentalmente, i due personaggi restano abbastanza
fedeli ai propri ruoli come nel capitolo precedente, quello di “Polvere & Ombra”.
Rita continua a impegnare tutte le proprie energie nel lavoro per tenere
lontane le sue inquietudini emotive (la ferita procurata da un matrimonio che
non si è celebrato all’ultimo minuto è ancora aperta e dolorosa) mentre Emidio,
che rappresenta ancora una volta la componente comica del romanzo, si ritroverà
suo malgrado coinvolto nell’indagine. Indagine che li porterà ad avvicinarsi, a
superare quella patina di diffidenza che li divide e a valutare silenziosamente
aspetti interiori l’uno dell’altro fino a che… e qui mi devo fermare!
I tuoi romanzi finiscono sempre con la soluzione del caso, ma
lasciano anche una sorta di retrogusto dolceamaro.
La sensazione di una “Giustizia non del
tutto giusta” è oggi molto diffusa nell’opinione pubblica. Spesso sentiamo
parlare a più riprese dalla classe politica di una “Riforma della Giustizia”
necessaria, indice sintomatico che l’attuale Ordinamento presenta delle crepe e
un’incapacità,quasi atavica, a eseguire nei tempi e nei modi sostenibili quello
che viene definito “il giusto processo.” Molti fatti di cronaca, specialmente
quelli che riguardano eventi delittuosi, ci pongono davanti a sentenze spesso
criticate per la sensazione di iniquità che ingenerano nel cittadino comune,
che percepisce un estremo garantismo nei confronti del reo e che spesso si
concretizza nella mancata certezza della pena. Ecco il motivo dei miei finali
dolceamari: l’equità salomonica non appartiene ai nostri giorni e nel grande
calderone delle nefandezze, talora, qualcuno riesce a scapparne fuori.
Nei tuoi romanzi c’è un’attenzione particolare ai dettagli,
tanto da far pensare a un’intensa fase di ricerca propedeutica alla stesura
della storia.
Per me è molto importante dare un taglio
realistico alle mie storie, anche se si tratta pur sempre di vicende frutto
dell’immaginazione, perché è un modo per avvicinare il lettore ai fatti narrati
e permettergli di entrare in prima persona dentro la storia. E per fare questo,
oltre a ricerche personali, mi sono avvalso della consulenza di alcuni addetti
ai lavori, sia operatori della Polizia di Stato sia, nel caso di “Rapsodia in
rosso”, di un anatomo patologo forense che mi ha aiutato a stilare un referto
autoptico quanto più possibile corretto e verosimile.
Ogni scrittore di thriller ha i suoi miti. Quali sono gli
autori che, sin da ragazzo, ti han fatto amare questo genere o quali hai
sentito cambiare durante il tempo?
La lettura è certamente una palestra
fondamentale per chi vuole cimentarsi con la scrittura. Ho letto, e continuo
tutt’ora, a leggere generi e autori diversi. Per quanto attiene agli autori di
genere, certamente tra i miei preferiti ci sono Agatha Christie, Simenon, Ellery
Queen, Scerbanenco, Machiavelli, solo per citarne alcuni. Tuttavia, devo dire
che negli ultimi anni leggo raramente thriller o simili perché c’è sempre il
timore latente di lasciarsi plagiare dalle storie degli altri (soprattutto da
miti assoluti come questi), mentre il mio obiettivo non è diventare la brutta
copia di qualcuno ma acquisire uno stile estremamente personale.
Ed in chiusura, come da tradizione, vorrei che ci salutassimo
con una citazione…
“Gli uomini sono così
necessariamente pazzi che il non essere pazzo equivarrebbe a essere soggetto ad
un altro genere di pazzia.” - Blaise Pascal
Gianluca,
ti ringrazio per questa splendida conversazione sul mondo di "Rapsodia in
Rosso" e la tua citazione finale è perfettamente in tema con tutto ciò che
rappresenta il "creare". Ai lettori consiglio di dare uno sguardo al
BookTrailer del tuo romanzo!
Written by Alessia Mocci
(Addetta Stampa)
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