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sabato 14 settembre 2013

"Zona di Frontiera" di Fabio Monteduro - la recensione a cura di Giovanna Albi per "scritturati".


ZONA DI FRONTIERA
di Fabio Monteduro - Edizioni AbelBooks

Che cosa lega un famosissimo scrittore di bestseller americano ad un anonimo paesino dell’entroterra laziale, un tempo famoso per la sua storia etrusca? Perché le Ville di Borgo Nuovo, il quartiere “moderno” della cittadina di Carmìcciola, sono quasi tutte disabitate, in quel luogo così pittoresco, frutto di un’ardita speculazione immobiliare? Cosa spinge il proprietario, dopo tanti anni, a ricomprare ad una ad una e ad qualsiasi prezzo le lussuose dimore tanto faticosamente vendute? C’entrano forse le antiche necropoli etrusche di cui si è perduta l’ubicazione durante l’ultimo terribile terremoto? E tutto questo potrebbe avere forse qualcosa a che fare con gli improvvisi vuoti di memoria di George Halloran, lo scrittore americano che non si ricorda nemmeno perché ha deciso di andare a vivere in quel borgo sperduto nel mezzo della campagna laziale?
Il romanzo si apre con lo scrittore George Halloran che è impegnato nella presentazione di un libro, mentre la folla ansiosa aspetta l’evento, poi un improvviso temporale, uno sparo di pistola e la presentazione si interrompe. La narrazione si sposta a Carmicciola , dove diventa il quinto abitante del quartiere Borgo Nuovo. La notte lo scrittore è assalito da i suoi fantasmi mentali e si sveglia madido di sudore, per cui trova rifugio molto volentieri in questo piccolo borgo. Qui incontra Stefania che tanto gli ricorda la moglie Sandra. Cosa spinge alla fuga un famoso scrittore sposato felicemente con due figli a fuggire? Questo in estrema sintesi interrogativo guida del romanzo.
Assalito da fantasmi e vuoti di memoria , racconta a cena a Stefania la sua storia, ma molti dei tasselli non tornano a posto, perché egli stesso nemmeno sa che ci faccia  in quel borgo etrusco, dove passa il tempo dormendo e vivendo incubi specie notturni, mentre la frequentazione con i nativi del luogo gli danno modo di intrecciare reale e immaginario.

Il romanzo presenta uno stile scorrevole, ma poco efficace, per l’uso di un codice linguistico essenziale, un po’ scontato, prevedibile è anche il finale per via delle retrospezioni che fanno presagire quale sia  il dramma dello scrittore, tuttavia la suspence non viene scalfita per via di un ritmo che è sempre incalzante. Consiglierei allo scrittore di alleggerire il ricorso insistito ai puntini di sospensione e ai punti esclamativi, ma non mi sento di muovere critiche stroncanti ad un romanzo che tutto sommato scorre con un uso corretto della lingua italiana,anche se poco pregnante, per una certa ripetitività delle medesime strutture sintattiche e per il ricorso ad una forma dialogica poco efficace.

I personaggi, specie quelli femminili, sono delineati in modo scorrevole, ma poco approfonditi da un punto di vista psicologico; questo scandaglio mi sembrerebbe obbligatorio in un testo che vuole essere di sospensione e attesa. Nel complesso il testo è discreto, anche se carente è la disamina psicologica e poco ricco il registro linguistico adottato.

Giovanna Albi

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