a cura di Cristina Biolcati
“Scritturati” presenta Grazia
Elettra Cormaci, scrittrice che vive a Roma dalla personalità eclettica. Grazia
ha accettato l’invito del nostro salotto letterario, ed è qui per raccontarci
un po’ di sé.
Inizio subito l’intervista con una domanda che mi ha particolarmente incuriosito.
Inizio subito l’intervista con una domanda che mi ha particolarmente incuriosito.
Benvenuta
Grazia! Hai cominciato molto presto a scrivere romanzi e racconti. Ho sentito
che all’età di soli 11 anni hai sviluppato la tua prima commedia di un solo
atto. Complimenti davvero! Che cosa ricordi di quel periodo?
Intanto vi
ringrazio per avermi dato l’opportunità di parlare con voi della redazione e
soprattutto l’occasione di dire qualcosa dei miei lavori. Non mi meraviglio
tanto, quando mi si domanda che a undici anni si può scrivere e per giunta una
commedia. Di quei miei anni adolescenziali, il primo ricordo che riemerge, è
quello di essere stata una bambina normale come tutte le altre, probabilmente
più sognatrice dei miei coetanei. Forse un po’ troppo pensatrice rispetto a
un’epoca in cui la scuola era regolata da regole ferree che vietavano al
bambino di potersi esprimere con la fantasia. Rimproveri dalle maestre ne ho
avuti tanti per quel mio sognare e sperdermi osservando le foglie di autunno
che cadevano come ballerine dagli alberi di tiglio. Spesso mi disinteressavo
alle lezioni, per osservarle dalla
finestra della mia classe che dava sul cortile.
La
tua passione per la scrittura ti ha spinto a conseguire un diploma di scrittura
per il cinema e fiction tv. Infatti da una tua trasposizione teatrale è tratto
lo sceneggiato tv, in due puntate, “Io non dimentico”. Come mai hai scelto
proprio questo indirizzo? E come hai fatto a farti notare in questo mondo dove
è difficile emergere?
Sinceramente,
non è per mio volere che sono stata notata, e neppure faccio parte di questo
mondo, poiché alla sceneggiatura ho preferito la scrittura dei romanzi. Il
mondo di cui si parla non mi appartiene, c’è troppa indifferenza, troppa
meschinità, poca meritocrazia, si ruba il lavoro dell’altro in modo vergognoso.
Per quanto riguarda la scelta di questa scuola è stata solo curiosità e anche
perché, fin da bambina sono stata appassionata di cinematografia. Ricordo che
durante il corso di catechesi, la domenica non mi perdevo mai un film che padre
Pace proiettava nella sala cinematografica della parrocchia. Dai ricordi di
quella pellicola in gran parte epiche, sono nati parecchi miei scritti tra cui
“Gilian spirito drago”. La storia epica dei Nibelunghi vista dall'occhio
espressionista del maestro Fritz Lang, fu il primo film in bianco e nero
che vidi e del quale rimasi subito affascinata.
Grazia,
tu nasci come giallista e, all’età di 14 anni, hai elaborato il soggetto di un
romanzo giallo “Mississippi Remember”. Ce ne puoi parlare?
È una storia abbastanza complessa, freudiana,
per così dire. Si sa che a questa età i ragazzi proiettano i loro archetipi su
personaggi del mondo del cinema o della
Tv facendone poi dei miti che nel loro subconscio si trasformano in
rappresentazioni fantastiche che poi ci inducono ad assimilare e proiettare durante i sogni. A me è successo
questo. Mi ero perdutamente invaghita dell’allora attore in voga, Alain Delon
al quale scrissi e scrissi lettere appassionate e dal quale poi nacque il
personaggio di Alan Grent, di recente sostituito con Sidney Forbs. Iniziai ad
interessarmi alle questioni politiche e sociali del mio paese, al caso
Watergate, alle questioni razziali, Apartheid,
agli avvenimenti socio-cultari dei miti anni settanta che mi spinsero a
costruire la storia su questo personaggio. Ma per ora non posso raccontarvi di
più …
So
che non vuoi porre barriere all’ispirazione di uno scrittore, e che quindi
rifiuti di “recintare” la fantasia in un unico genere letterario. Ultimamente
ti sei interessata al fantasy e al fumetto. Come nasce l’ispirazione in te?
Dai cartoni
animati, sicuramente non dal disegno, “sono una frana”. Ma ancora oggi, quando
ho un po’ di tempo i miei programmi preferiti sono i cartoni e lo Zecchino
d’oro. Credo che sia necessario che in
una piccola parte di noi rimanga la
sindrome di Peter Pan, perché è proprio questa parte fanciulla che ci stimola
ad osservare il mondo con occhi diversi, meravigliandosi delle piccole cose come
se fosse sempre la prima volta. Quante volte da bambini abbiamo esclamato alla
vista di un arcobaleno? Io ancora lo faccio e voi?
Queste
nuove esperienze, all’interno dei vari generi letterari, ti avranno certamente
arricchita. Ma solo per i lettori di “Scritturati”, vuoi confessarci quale
genere ti assomiglia di più e ti ha dato maggiori soddisfazioni?
Come nella
vita, anche nella scrittura sono poliedrica, quindi, è come chiedere a una
madre, quale figlio ti assomigli di più e chi meno. Alit è stato il primo
soggetto nato durante la scuola di scrittura, quindi potrei paragonarlo al mio
primo amore, quello per cui si sussulta alla sola vista, al solo pensiero di
averlo accanto. Di Gilian posso dire che sia l’amore della consapevolezza,
quello per il quale si riflette prima di scegliere se sia veramente lui il
nostro partner ideale. Mississippi Remember, è il simbolo della vita che sto
vivendo adesso e diciamo, che si riallaccia ai ricordi del passato, perché
questo succede alle persone della mia età, si vive di ricordi, di memorie
storiche che comunque hanno sempre un qualcosa in comune con il contemporaneo.
E
veniamo ad “Alit e lo spirito dei sogni” che tu hai pubblicato con lo
pseudonimo di Peg Fly Gleen. Si tratta di un’esalogia, vero? Vuoi parlarcene?
Molto
volentieri. Introduco una premessa per quanto riguarda il mio pseudonimo che
nacque sempre per un ricordo di quando andavo all’asilo. Molti di voi sono
troppo giovani per ricordare quei cestini di plastica forati di diversi colori.
Io ne avevo uno di colore giallo e Peg era la mia amica immaginaria che ne
aveva fatto la sua casetta. Il soggetto di Alit, come ripeto nacque durante la
scuola per il cinema, ma la sua pubblicazione è dovuta grazie a mia figlia che
mi ha spronato a inviarlo ai vari editori tra cui Il ciliegio al quale è
piaciuto e con il quale ho firmato il relativo contratto di edizione. Del
romanzo, posso dire, che non è il solito genere fantasy pieno di maghi e
gnometti, elfi ecc caratteristica del genere lettarario romantico. “Alit e lo
spirito dei sogni” è un romanzo legato al mondo dei ghiacci, è un romanzo che
in fondo si riallaccia alla vita del popolo Inuit sul quale ho costruito la
storia, perché come diceva Shakespeare, la vita è un grande palcoscenico, ci
sono eroi, re, regine e ognuno recita la propria parte. Ma Alit è anche un
romanzo di formazione, poiché alla fine
dei suoi viaggi attraverso i sogni, acquisirà quella consapevolezza che lo
porterà a maturare e a prendere decisioni senza l’aiuto degli adulti. Infatti,
la leggenda di Alit non è poi così lontana dalla realtà; è la storia degli
Inuit non è ancora finita, perché essi sognano e sperano di fronte all’orso
polare, alla foca che scruta nel foro aperto del pack cercando il cibo per
sopravvivere, e la tempesta di ghiaccio oscura i suoi occhi come gli occhi di
chi non vuol vedere l’armonia con la natura.
Ti
sei occupata anche di poesia. Come si discosta questa esperienza dalle
precedenti? Forse la poesia è sempre un genere un po’ penalizzato, dal punto di
vista dell’interesse. Hai avuto modo di riscontrarlo anche tu, oppure hai
un’opinione diversa in proposito?
In effetti è così, l’uomo contemporaneo non
sogna più, non compone versi perché nelle sue radici non sono rimasti linguaggi
poetici con cui esprimersi. Oggi si pensa a vivere, ad avere una casa, una
macchina. Probabilmente è proprio il mal di vivere che ci allontana dalla
poesia che invece è musicalità e gioia di comunicare agli altri i nostri sentimenti. Te lo dimostro
dicendoti, che le miei prime poesie nacquero all’età di tredici anni, un
periodo in cui, i bambini, gli adolescenti come
me giocavano per strada, creando e inventando giochi sempre diversi,
amando la natura perché si era a stretto contatto con essa. Si assaporavano gli
odori, i colori degli ampi spazi, dei campi dorati di grano, dei giardini in
fiore. Non si era costretti a rimanere chiusi a studiare informatica, non
c’erano i videogiochi, anche se, devo dire che qualche volta ho provato a
giocarci, ma preferisco ancora le lunghe passeggiate al mare, in collina,
correre e cavalcare la mia bici come quando ero bambina. Amalgamarmi con essa e
vivere in essa. Chiudere gli occhi e sfiorare con le dita le spighe di grano.
Questo oggi i nostri ragazzi non hanno la possibilità di farlo.
Che
progetti hai per il futuro?
Di solito non
programmo mai nulla per l’avvenire, aspetto l’evolversi degli eventi, aspetto
che giungano spontaneamente. Non mi arrampico sugli specchi con la frenesia di
chi vuole essere a forza qualcuno “Ma chi poi”, non mi faccio venire il mal di
mare se i miei soggetti possano piacere o meno. Io amo scrivere per natura, e
lascio la mia scrittura alla natura e a chi la comprende, a chi vuole
divertirsi, rilassarsi qualche ora. Non mi reputo una vera scrittrice ma un
cantastorie come lo sono sempre stata fin da quando inventavo storie per i miei
nipoti e poi per mia figlia e per i bambini della casa famiglia di cui svolgo
volontariato.
A
chi dedichi i tuoi successi?
A tutti coloro
che in questo momento hanno bisogno di sognare, a tutti coloro che in questo
momento hanno bisogno di non essere soli, a tutti coloro che in questo momento
hanno bisogno di affetto, di serenità, di vivere la propria vita con dignità. A
tutte queste persone rivolgo il mio più caloroso affetto. Un ringraziamento particolare va allo spirito
della fantasia che mi guida fin da quando i padri iniziatori mi hanno creato e
che fin da bambina non ha mai smesso donarmi, soprattutto durante i sogni, spunto per scrivere storie come questa
… la mia vita.
Tavvauvusi:
grazie e arrivederci a tutti, miei affezionati lettori
La nostra chiacchierata con
Grazia Cormaci è giunta al termine.
Grazia, ti ringraziamo per essere
stata con noi e speriamo di incontrarci presto.
Come è consuetudine di
“Scritturati” ti chiedo: quale omaggio hai pensato per i nostri lettori?
Una poesia di cui lascio libera
interpretazione.
Come un fiume in piena …scorre la vita
Tornerò con gli occhi
dell’anima ad ammirare i fiumi scorrere impetuosi come un tempo fu la mia vita
piena di sogni, d’idee, di buone intenzioni per te, per noi che come angeli
crocefissi dal dolore, restiamo appesi aspettando che qualcuno ci tolga il peso
della solitudine. Tuttavia la vita scorre come un fiume in piena sopra le nostre
spalle, sopra le terre degli uomini soli, degli amanti che cercano riparo dagli
occhi indiscreti di chi, con ipocrisia condanna ancora prima di comprendere
cos’è veramente l’amore. E siamo ancora
qui, noi, isolati dal resto dell’umana gente, dell’umano sorriso che tende a
smorzarsi sopra un letto di spine, dove la speranza di sopravvivere è mera
utopia, dove i sogni rimangono tali, dove la materia si scioglie, si sbriciola
sotto il freddo mortale dell’indifferenza che trafigge persino le menti più
Vogliose di trovare la
libertà nella vita che scorre ancora e ancora come un fiume in piena, e sempre
sarà.
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