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martedì 7 gennaio 2014

Grazia Elettra Cormaci ospite a "scritturati" - l'intervista a cura di Cristina Biolcati

INCONTRO CON GRAZIA ELETTRA CORMACI 
a cura di Cristina Biolcati

“Scritturati” presenta Grazia Elettra Cormaci, scrittrice che vive a Roma dalla personalità eclettica. Grazia ha accettato l’invito del nostro salotto letterario, ed è qui per raccontarci un po’ di sé. 

Inizio subito l’intervista con una domanda che mi ha particolarmente incuriosito.

Benvenuta Grazia! Hai cominciato molto presto a scrivere romanzi e racconti. Ho sentito che all’età di soli 11 anni hai sviluppato la tua prima commedia di un solo atto. Complimenti davvero! Che cosa ricordi di quel periodo?
Intanto vi ringrazio per avermi dato l’opportunità di parlare con voi della redazione e soprattutto l’occasione di dire qualcosa dei miei lavori. Non mi meraviglio tanto, quando mi si domanda che a undici anni si può scrivere e per giunta una commedia. Di quei miei anni adolescenziali, il primo ricordo che riemerge, è quello di essere stata una bambina normale come tutte le altre, probabilmente più sognatrice dei miei coetanei. Forse un po’ troppo pensatrice rispetto a un’epoca in cui la scuola era regolata da regole ferree che vietavano al bambino di potersi esprimere con la fantasia. Rimproveri dalle maestre ne ho avuti tanti per quel mio sognare e sperdermi osservando le foglie di autunno che cadevano come ballerine dagli alberi di tiglio. Spesso mi disinteressavo alle lezioni, per osservarle  dalla finestra della mia classe che dava sul cortile.

La tua passione per la scrittura ti ha spinto a conseguire un diploma di scrittura per il cinema e fiction tv. Infatti da una tua trasposizione teatrale è tratto lo sceneggiato tv, in due puntate, “Io non dimentico”. Come mai hai scelto proprio questo indirizzo? E come hai fatto a farti notare in questo mondo dove è difficile emergere?
Sinceramente, non è per mio volere che sono stata notata, e neppure faccio parte di questo mondo, poiché alla sceneggiatura ho preferito la scrittura dei romanzi. Il mondo di cui si parla non mi appartiene, c’è troppa indifferenza, troppa meschinità, poca meritocrazia, si ruba il lavoro dell’altro in modo vergognoso. Per quanto riguarda la scelta di questa scuola è stata solo curiosità e anche perché, fin da bambina sono stata appassionata di cinematografia. Ricordo che durante il corso di catechesi, la domenica non mi perdevo mai un film che padre Pace proiettava nella sala cinematografica della parrocchia. Dai ricordi di quella pellicola in gran parte epiche, sono nati parecchi miei scritti tra cui “Gilian spirito drago”. La sto­ria epica dei Ni­be­lun­ghi vista dal­l'oc­chio espres­sio­ni­sta del mae­stro Fritz Lang, fu il primo film in bianco e nero che vidi e del quale rimasi subito affascinata.

Grazia, tu nasci come giallista e, all’età di 14 anni, hai elaborato il soggetto di un romanzo giallo “Mississippi Remember”. Ce ne puoi parlare?
È una storia abbastanza complessa, freudiana, per così dire. Si sa che a questa età i ragazzi proiettano i loro archetipi su personaggi del mondo del cinema  o della Tv facendone poi dei miti che nel loro subconscio si trasformano in rappresentazioni fantastiche che poi ci inducono ad assimilare e  proiettare durante i sogni. A me è successo questo. Mi ero perdutamente invaghita dell’allora attore in voga, Alain Delon al quale scrissi e scrissi lettere appassionate e dal quale poi nacque il personaggio di Alan Grent, di recente sostituito con Sidney Forbs. Iniziai ad interessarmi alle questioni politiche e sociali del mio paese, al caso Watergate, alle questioni razziali, Apartheid,  agli avvenimenti socio-cultari dei miti anni settanta che mi spinsero a costruire la storia su questo personaggio. Ma per ora non posso raccontarvi di più …


So che non vuoi porre barriere all’ispirazione di uno scrittore, e che quindi rifiuti di “recintare” la fantasia in un unico genere letterario. Ultimamente ti sei interessata al fantasy e al fumetto. Come nasce l’ispirazione in te?
Dai cartoni animati, sicuramente non dal disegno, “sono una frana”. Ma ancora oggi, quando ho un po’ di tempo i miei programmi preferiti sono i cartoni e lo Zecchino d’oro.  Credo che sia necessario che in una piccola parte di noi rimanga  la sindrome di Peter Pan, perché è proprio questa parte fanciulla che ci stimola ad osservare il mondo con occhi diversi, meravigliandosi delle piccole cose come se fosse sempre la prima volta. Quante volte da bambini abbiamo esclamato alla vista di un arcobaleno? Io ancora lo faccio e voi?

Queste nuove esperienze, all’interno dei vari generi letterari, ti avranno certamente arricchita. Ma solo per i lettori di “Scritturati”, vuoi confessarci quale genere ti assomiglia di più e ti ha dato maggiori soddisfazioni?
Come nella vita, anche nella scrittura sono poliedrica, quindi, è come chiedere a una madre, quale figlio ti assomigli di più e chi meno. Alit è stato il primo soggetto nato durante la scuola di scrittura, quindi potrei paragonarlo al mio primo amore, quello per cui si sussulta alla sola vista, al solo pensiero di averlo accanto. Di Gilian posso dire che sia l’amore della consapevolezza, quello per il quale si riflette prima di scegliere se sia veramente lui il nostro partner ideale. Mississippi Remember, è il simbolo della vita che sto vivendo adesso e diciamo, che si riallaccia ai ricordi del passato, perché questo succede alle persone della mia età, si vive di ricordi, di memorie storiche che comunque hanno sempre un qualcosa in comune con il contemporaneo.


E veniamo ad “Alit e lo spirito dei sogni” che tu hai pubblicato con lo pseudonimo di Peg Fly Gleen. Si tratta di un’esalogia, vero? Vuoi parlarcene?
Molto volentieri. Introduco una premessa per quanto riguarda il mio pseudonimo che nacque sempre per un ricordo di quando andavo all’asilo. Molti di voi sono troppo giovani per ricordare quei cestini di plastica forati di diversi colori. Io ne avevo uno di colore giallo e Peg era la mia amica immaginaria che ne aveva fatto la sua casetta. Il soggetto di Alit, come ripeto nacque durante la scuola per il cinema, ma la sua pubblicazione è dovuta grazie a mia figlia che mi ha spronato a inviarlo ai vari editori tra cui Il ciliegio al quale è piaciuto e con il quale ho firmato il relativo contratto di edizione. Del romanzo, posso dire, che non è il solito genere fantasy pieno di maghi e gnometti, elfi ecc caratteristica del genere lettarario romantico. “Alit e lo spirito dei sogni” è un romanzo legato al mondo dei ghiacci, è un romanzo che in fondo si riallaccia alla vita del popolo Inuit sul quale ho costruito la storia, perché come diceva Shakespeare, la vita è un grande palcoscenico, ci sono eroi, re, regine e ognuno recita la propria parte. Ma Alit è anche un romanzo di formazione, poiché  alla fine dei suoi viaggi attraverso i sogni, acquisirà quella consapevolezza che lo porterà a maturare e a prendere decisioni senza l’aiuto degli adulti. Infatti, la leggenda di Alit non è poi così lontana dalla realtà; è la storia degli Inuit non è ancora finita, perché essi sognano e sperano di fronte all’orso polare, alla foca che scruta nel foro aperto del pack cercando il cibo per sopravvivere, e la tempesta di ghiaccio oscura i suoi occhi come gli occhi di chi non vuol vedere l’armonia con la natura.

Ti sei occupata anche di poesia. Come si discosta questa esperienza dalle precedenti? Forse la poesia è sempre un genere un po’ penalizzato, dal punto di vista dell’interesse. Hai avuto modo di riscontrarlo anche tu, oppure hai un’opinione diversa in proposito?
In effetti è così, l’uomo contemporaneo non sogna più, non compone versi perché nelle sue radici non sono rimasti linguaggi poetici con cui esprimersi. Oggi si pensa a vivere, ad avere una casa, una macchina. Probabilmente è proprio il mal di vivere che ci allontana dalla poesia che invece è musicalità e gioia di comunicare agli altri  i nostri sentimenti. Te lo dimostro dicendoti, che le miei prime poesie nacquero all’età di tredici anni, un periodo in cui, i bambini, gli adolescenti come  me giocavano per strada, creando e inventando giochi sempre diversi, amando la natura perché si era a stretto contatto con essa. Si assaporavano gli odori, i colori degli ampi spazi, dei campi dorati di grano, dei giardini in fiore. Non si era costretti a rimanere chiusi a studiare informatica, non c’erano i videogiochi, anche se, devo dire che qualche volta ho provato a giocarci, ma preferisco ancora le lunghe passeggiate al mare, in collina, correre e cavalcare la mia bici come quando ero bambina. Amalgamarmi con essa e vivere in essa. Chiudere gli occhi e sfiorare con le dita le spighe di grano. Questo oggi i nostri ragazzi non hanno la possibilità di farlo.

Che progetti hai per il futuro?
Di solito non programmo mai nulla per l’avvenire, aspetto l’evolversi degli eventi, aspetto che giungano spontaneamente. Non mi arrampico sugli specchi con la frenesia di chi vuole essere a forza qualcuno “Ma chi poi”, non mi faccio venire il mal di mare se i miei soggetti possano piacere o meno. Io amo scrivere per natura, e lascio la mia scrittura alla natura e a chi la comprende, a chi vuole divertirsi, rilassarsi qualche ora. Non mi reputo una vera scrittrice ma un cantastorie come lo sono sempre stata fin da quando inventavo storie per i miei nipoti e poi per mia figlia e per i bambini della casa famiglia di cui svolgo volontariato.

A chi dedichi i tuoi successi?
A tutti coloro che in questo momento hanno bisogno di sognare, a tutti coloro che in questo momento hanno bisogno di non essere soli, a tutti coloro che in questo momento hanno bisogno di affetto, di serenità, di vivere la propria vita con dignità. A tutte queste persone rivolgo il mio più caloroso affetto.  Un ringraziamento particolare va allo spirito della fantasia che mi guida fin da quando i padri iniziatori mi hanno creato e che fin da bambina non ha mai smesso donarmi, soprattutto durante i  sogni, spunto per scrivere storie come questa … la mia vita.
Tavvauvusi: grazie e arrivederci a tutti, miei affezionati lettori

La nostra chiacchierata con Grazia Cormaci è giunta al termine.
Grazia, ti ringraziamo per essere stata con noi e speriamo di incontrarci presto.
Come è consuetudine di “Scritturati” ti chiedo: quale omaggio hai pensato per i nostri lettori?

Una poesia di cui lascio libera interpretazione.
Come un fiume in piena …
 scorre la vita

Tornerò con gli occhi dell’anima ad ammirare i fiumi scorrere impetuosi come un tempo fu la mia vita piena di sogni, d’idee, di buone intenzioni per te, per noi che come angeli crocefissi dal dolore, restiamo appesi aspettando che qualcuno ci tolga il peso della solitudine. Tuttavia la vita scorre come un fiume in piena sopra le nostre spalle, sopra le terre degli uomini soli, degli amanti che cercano riparo dagli occhi indiscreti di chi, con ipocrisia condanna ancora prima di comprendere cos’è veramente l’amore.  E siamo ancora qui, noi, isolati dal resto dell’umana gente, dell’umano sorriso che tende a smorzarsi sopra un letto di spine, dove la speranza di sopravvivere è mera utopia, dove i sogni rimangono tali, dove la materia si scioglie, si sbriciola sotto il freddo mortale dell’indifferenza che trafigge persino le menti più
Vogliose di trovare la libertà nella vita che scorre ancora e ancora come un fiume in piena, e sempre sarà.



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