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mercoledì 9 luglio 2014

Da "LO SCOPATORE DI ANIME" di Pablo T nasce IL MANIFESTO... perchè? - L'intervista ai protagonisti curata da Vincenzo Monfregola




"IL MANIFESTO è l’unione intellettuale, culturale, di verace fratellanza, di più artisti liberi concettualmente e scevri dai compromessi del Sistema sociale, politico e artistico odierno. 

IL MANIFESTO custodisce in sé l’identità personale e artistica di ogni componente, ma combatte l’individualismo fine a se stesso e aspira ad un legame duraturo di amicizia, valori, ideali e fedeltà.

IL MANIFESTO vuole riportare l’umanità, la coerenza, il cuore e la ragione al centro di tutto."

Era pressapoco nella metà di novembre 2013 quando veniva ufficializzata la pubblicazione de "Lo scopatore di anime" di Pablo T, a dicembre risultava di già il libro più venduto della David and Matthaus Edizioni Letterarie.
Uno scritto che ti scopa l'anima e lo fa nel senso buono dell'intenzione stessa, io stesso mi sono lasciato andare nella lettura di questo libro ed ho abbandonato ogni aspettativa affinché le parole delle sue pagine fottessero la mia anima portandomi in quello che realmente vogliono denunciare.
Un documento, un vero e proprio manifesto, che denuncia quanto di più autentico una mente sana riesce a vedere in quest'oblio di anime perdute, dando a noi la convinzione di ritrovarci in "un mattatoio per i diversi".
Un percorso raccontato da una persona innanzitutto e poi da un autore.

PABLO T

"Noi siamo bimbi 
sul baratro di un Millennio 
a raccontarci dell'inizio 
di un nuovo sogno."




Non abbiamo bisogno di conoscerlo, lo abbiamo già fatto attraverso l'intervista e la recensione de Lo scopatore di anime, sin da subito ho avuto l'impressione che il suo non vuole essere solo un romanzo, ma qualcosa che veramente spacca il tempo, sveste un'era per vestirla di "nuovo", Pablo T è uno scrittore che rivoluziona l’intero schema di sopravvivenza che la razza umana quotidianamente si impone, e allora cambia il modo di leggere, di pensare e di iniziare a vivere, tra l’altro basta che inizi da qualcosa il vero cambiamento.

Una sola domanda Pablo T, come nasce iL MANIFESTO, e perché?
"Volevo incanalare tutto il Mio malessere e la Mia rabbia per un’epoca che così com'è non Mi apparteneva.  Volevamo, io e Romi, dare una speranza agli artisti veri che non hanno voce, ma sono pieni d'umanità e di talento, Volevamo scuotere le coscienze, rivoluzionare l'editoria e costruire la vera cultura. 
Creare un'opportunità per i lettori. Spacciare vera arte e vera letteratura"

CAT/ROSSANA ORSI

"La spontaneità, quindi, credo sia il mio tratto distintivo. Per interagire soprattutto con me stessa. In un ritratto che non ho mai avuto il coraggio di farmi fare."


Conosciamo Cat
Ti vesti di nero quando nelle tue poesie?
Con nero intendo l'essere cupo. Mi vesto di nero quando sento che la mia debolezza sta tracimando. E non vedo via d'uscita. Scrivo come fosse l'ultima volta.

Una nota stonante che mai avresti voluto usare per lo spartito che racconta della tua vita, qual è?
L'unica nota che per me stona, sono gli addii che non ho detto. Li ho usati per mancanza di possibilità, o di coraggio, ma non avrei voluto. Avrei voluto essere diretta. Voltare. Davvero.

A luci spente sul palco o riflettori puntati sul pubblico, quale scegli per raccontarti in parole?
Dunque, è difficile. Ad impatto avrei detto la prima, a luci spente sul palco, ma leggendo anche riflettori puntati sul pubblico mi sono detta 'sì, mi piacerebbe buttare un occhio sulle loro espressioni'. Non amo i protagonismi, anche se mi espongo in prima persona quasi sempre quando scrivo. Allo stesso tempo mi piacerebbe che il pubblico si sentisse protagonista, durante un mio scritto.

Cat ScritturaSpontanea a IL MANIFESTO, perché?
Cat al Manifesto perché era il momento giusto. Forse uno dei pochi. Perché sono stata cercata, e non succede spesso. Perché mi appartiene lo spirito di condivisione, il movimento.



Uno stralcio brevissimo 
di uno scritto un po' lungo: È strano. 
Ho così preso e lasciato 
che non so dirti cos'ho. Ora. 
Tutto mi rimane e tutto mi va' via. Ora. 
Sono calamita per la luna.


© Cat ScritturaSpontanea



FRANCESCO SANTINI

La poesia di Santini è scarna ed essenziale, fatta di margini ed orli, spigoli ed angoli, semplice e precisa, oscura e abbagliante. 
     
Qualche domanda per Francesco
Francesco Santini a IL MANIFESTO, come approdi in questo movimento e soprattutto di cosa veste Santini per esservi parte integrante de IL MANIFESTO stesso.
Grazie. Approdo ne Il Manifesto spinto dalla voglia e dall’entusiasmo di prendermi la mia piccola responsabilità,quella di dire e comunicare agli altri attraverso la mia passione per la poesia: Un percorso di costruzione, di avvicinamento,di condivisione umana. Vesto di semplicità e essenzialità, che sono la base per dire e per dare. Senza pretese.

Versi, parole in versi che scrutano l'anima, è così che la poesia racconta di quanti la scrivono. La poetica di Francesco Santini ama il grezzo di una tela indiana o la seta di una Francia raffinata?
La mia poetica è sempre vicina al reale. Nasce dall’osservazione del mondo e delle cose. Scrivo ciò che sento e ciò che mi colpisce. Amo questo,non altro.

Portami nel tuo mondo e dimmi di cosa si respira.
Nel mio mondo si respira innanzitutto la possibilità. La consapevolezza che L’arte serve e può raggiungere gli altri. Credo nella forza della Parole e la Poesia è Parola, con tutta la sua forza evocatrice. La sua natura salvifica. E’ un mondo umile e semplice. Tende la mano a tutti. La Poesia è di tutti.

NOEMI BALLACCHINO
L'osservazione della realtà esterna
si intreccia con la mia personale
esperienza emozionale
e nasce l'opera tridimensionale

Domandiamo a Noemi
Noemi in che modo esprime il personale “essere” nella scultura?
Cerco di dare un senso al vuoto. La scultura è fatta intorno al vuoto, esso ne è protagonista.... Dunque esprimo ciò che non è visibile, esprimo una negazione. Appunto un vuoto. Ogni forma visibile contiene dei vuoti al suo interno. Ciò che non si vede spesso è la parte più preziosa, più significante. Quella che deve essere raccontata al mondo.

Dovessi raccontarmi con una sola rappresentazione, il tuo percorso formativo ed artistico cosa realizzeresti e perché?
Lo vedo come una lunghissima scala piena di pezzi mancanti. Dove salire è difficilissimo...ma si sale a poco a poco. Con lunghe soste per guardarsi indietro e vedere quanta strada è stata percorsa. È questo quello che vivo, una lunga e sofferta "scalata" verso la mia passione, la scultura.

Vestendo di porpora un prato di creta, come Noemi completerebbe l’opera?
Riempirei di serrature quel manto, e vi guarderei oltre.

IL MANIFESTO sceglie anche Noemi, cosa rappresenta per te questo movimento?
Un nuovo modo di fare arte. Senza doppi fini e senza censure.
Un'arte libera, oggettiva e autentica.
Una voce che racconta il valore umano unito a quello artistico.
Una speranza









© Viaggio - anno 2008
di Noemi Ballacchino







SABRINA LONGARI
"Scrivere è sempre stata l’ancóra, 
il navigare calmo
o tumultuoso e l’approdo"
Qualche domanda per conoscerla meglio
Sabrina Longari in versi, respira di?
Carne alla deriva nel mare del sentire.

Poesia, ancóra di vita, cosa ti spinge a render tale il tuo parolare?
Il bisogno di mantenere aggrappato al reale il mio essere sospesa.

Cosa ascolti del silenzio e cosa senti ascoltandolo.
Del silenzio ascolto l’urlo, che fa più rumore di tanti suoni e ci sento dentro un’assenza, che si rende viva presenza.

Manifesto-Sabrina Longari, perché? Cosa significa per te esser parte integrante di questo grande progetto.
Perché ho bisogno di credere che sia possibile un cambiamento, che l’arte torni alla sua funzione di comunicare anche a l’ultima anima. Essere parte del Manifesto significa darmi la possibilità di agire per qualcosa in cui credo, superando l’individualismo dell’artista e respirando a l’unisono con chi, come me, sente profondamente il potere che ha l’espressione artistica di unire le coscienze e i cuori.



Torno 
senza essermene mai andata 
da me, come dai miei accenti 
di corpo, di pelle, di nervo 
E una linfa: l'inchiostro
....


©(RI)TORNO 
di Sabrina Longari
ANTONIO PRENCIPE

Scrivere per me è tutto, 
è più naturale del respirare. 
È il mio unico modo per morire senza farmi male.




Conosciamolo meglio
Antonio Prencipe, autore di parole in versi, poesie che nascono di pancia, almeno questa è la sensazione che mi arriva leggendoti. Scrivi... perchè?
La scrittura sì, è tutto ciò che ho, senza di lei sarei niente, è l’unico motivo per cui vivo e vivrò. Pensa, per la scrittura sto imparando anche a vivere perché a morire sono bravissimo. Nei miei scritti la morte è sempre una delle protagoniste principali, quasi sembra che io ami la morte quasi quanto ami la scrittura, di fatto è così, la morte è il vero “per sempre” è l’alba di un nuovo addio, la morte è colei che mi ha allattato e che mi ha rimesso al mondo insieme alla scrittura tutte quelle volte che morivo sorridendo e ritornavo in vita piangendo.
Già... com'era, perché scrivi? Perché ogni tanto vivo, ogni tanto muoio, ogni tanto divento inchiostro.
Forse scrivo perché non so vivere o forse scrivo per ricordarmi che tutto ciò che conta è aver cura di sopravvivere.

Antonio cosa pensi rappresenti nel nostro tempo, l'amore?
L’amore è la scusa del dolore.  Per me amare è sentirsi migliori in una solitudine vestita da madre, è cercare nelle urla un nuovo motivo per dirsi addio. L’amore è il sorriso di una puttana che dopo aver stretto forte nel marmo della mano quei 100 o 200 euro sporchi ancora di orgasmo è amore, un amore umiliato, un amore perverso ma è pur sempre amore e forse è uno dei più veri perché in quel sorriso c’è un grazie divorato dal dolore, ucciso dalla vergogna di non avere più nemmeno una briciola di dignità da poter donare o semplicemente supplicare. L’amore è tutto. Anche il mio odiare il mondo è una forma d’amore.






Brucio i fogli del mio passato 
e raccolgo le ceneri 
per non scordare ciò che ho dato.

© Antonio Prencipe




IDA VITAGLIONE/LUD HOEI
Vivo e coesisto col malessere 
di dover restare nel circuito vitale, 
sui binari prestabiliti da una morale
che non mi appartiene. 


Alcune domande per Ida Vitaglione
Dalle tue parole ci si perde in un'armonica melodia, è così che amo definire il viversi con consapevolezza, straordinaria consapevolezza, quanta di questa armonia porta te in parole nascoste.
Ci sto stretta nei panni della vita, succede da sempre, sono refrattaria alle costrizioni, sono anche poco socievole ma l’ho dovuta combattere questa mia “voluta”  (proprio nel senso di spirale) di isolamento.

"Un giorno però ce la farò a scappare da qui" è un'affermazione che m'ha particolarmente rapito, io sono del parere che già il solo fatto di riconoscersi lontani "dai binari prestabiliti", come tu stessa dici, porta in qualche modo a distaccarsi da quello che ci circonda e scegliamo di personalizzare quanto vogliamo e per alcuni versi "dobbiamo" vivere, tu sei dello stesso parere? Se sì quando Lud Hoei respira di sè nella piena naturalezza?
Di me stessa respiro poco, mi concedo molto raramente, le mie bizze e le mie follie.  Lud Hoei è nata proprio da questa volontà di respirare e di giocare.

Si è sempre pensato, a volte anche banalizzato, che tutto quanto quello che scriviamo sia autobiografico, a mio avviso non è sempre così, sicuramente può esser definito personale ma non necessariamente raccontar di proprio. Di che respirano i tuoi scritti?
“Respirano dell’Anima, di bontà, di un Amore sconfinato di cui siamo l’unico mezzo per esprimersi e non è così invece.”

IL MANIFESTO, quando ti sei riconosciuta una di loro e perché hai scelto di farne parte, cos'è per te il manifesto?
Mi sono riconosciuta immediatamente nelle parole di Scrittore, Pablo T
"Il Manifesto è un modo di essere per me, il tentativo di migliorare, nel poco, la società degli uomini; è la ricerca del  Nuovo, di un’Arte che sia di rimando ad un’etica, ad una morale diversa di accoglienza e solidarietà, senza i soliti paradigmi mentali.”


C'è sempre un muro, un limite,
una barriera contro la quale vado
a sbattere. C'è sempre qualcosa
in cui mi scontro fino a farmi
male
© Lud Hoei







FRANCESCA ILLIANO

“Della mia vita voglio farne inchiostro
che resti come tatuaggio
nel cuore di qualcuno.”



Conosciamola meglio
Nasce quando il tuo primo “scritto” e come lo hai chiamato appena dopo averlo letto.
Per il primo e per i successivi scritti. E' come un conato di bile. Butto giù d'un fiato. Poi mi rileggo e non mi piaccio, mai. All'inizio cestinavo tutto. Poi ho capito che buttavo via pezzi di me ed ho preso a conservarli. Non amo quasi mai le cose che scrivo. Anzi. A volte le odio per quello che mi sbattono in faccia e che preferirei ignorare.

Quale il colore che veste i tuoi versi e perché?
Il nero. Senza ombra di dubbio. Il buio, la notte e i lati oscuri dell'anima.

Quanta della tua timidezza resta quando scrivi?
Quando scrivo non c'è traccia di timidezza. Ai fogli affido confessioni che non farei mai a nessuno.

Francesca Illiano - il Manifesto, perché?
Manifesto perché dopo anni di solitudine interiore ho trovato il conforto di anime affini, unite da ideali comuni e con il coraggio o la follia di credere ad un sogno.

Notte di luna .
Avvolge e dipana
Il lato oscuro di me
Celato al giorno
Nascosto Al mondo.
Ispirami sospiri.
Rubami parole e mani
prima che la luce
del sole
ricomponga la morale.
© La stanza segreta 
di Francesca Illiano

MASSIMILIANO GIARA

Non solo lo faccio ma soprattutto lo sono. Io sono uno Scultore.
E’ l’ Arte stessa che ci seleziona e ci sceglie. Ho accolto con estremo piacere di farla entrare nella mia Vita.



Domande per Massimiliano
Massimiliano Giara, arte e passione, tecnica, esperienza, talento. Quale l'ingrediente "essenziale" per iniziare un percorso come il tuo?
E’ un percorso lungo e tortuoso ma bellissimo. Ciò che conta davvero è tanta pazienza, i risultati non arrivano subito è necessario saper aspettare. Ma ne vale la pena.

Un percorso il tuo sviluppato nel tempo, ma anche faticato per quanto la tua arte racconta nella materia stessa. Il mio è un voler ribadire che "Arte" non è solo "Arte" in alcune culture, ma è anche studio e apprendimento, fatica ed impegno è una sorta di apprendimento di nozioni fondamentali senza delle quali la propria arte non potrebbe esser espressa, se concorde con questa mia supposizione in che misura la trovi giusta e soprattutto quanto in salita è la scala da percorrere per arrivare ai buoni livelli di conoscenza?
Sono  concorde con la tua affermazione. E’ importantissimo arricchirsi con un bagaglio visivo consistente e un’ ottima formazione, anche tecnica. Il tutto per dare il massimo valore al proprio operato. Ma tutte queste informazioni, nozioni etc…nell’opera non devono dominare ma devono essere di supporto al concetto e all’emozione dell’opera.

Metto tre elementi: Argilla - Passione, quindi ROSSO e Libertà, Colline. Cosa realizzeresti per portarmi nel tuo mondo. 
Mi viene in mente una metafora: una barca che naviga in mare aperto e remare insieme per raggiungere la medesima meta con coraggio e determinazione.










© Cappello e Coltello - terracotta policroma 2011
di Massimiliano Giara
ANTONELLA BALLACCHINO
Mi presento non mi definisco, 
non amo il senso del limite: sono una giovane donna "staminale", 
in mutazione perenne. 




Domande ad Antonella per conoscerla in arte
Poetare "è"... per te?
Un bisogno, inteso come necessità o, voledo giocare con le parole spezzate come amo fare, potrebbe essere anche un bi_sogno, ovvero un duplice pensiero onirico di una stessa realtà sensoriale...sempre per ritornare al tema dei "sensi", dell'accattivarsi la materia intorno e farne intimo lirismo.

Di vita si veste la poesia, o è la poesia a render tale la vita?
La poesia è una meravigliosa congettura della mente umana, così come il tempo. Nulla esiste sine materia, sarebbe intangibile, dunque inesistente se facciamo un discorso prettamente laico, come preferisco fare. Dunque l'uomo si inventa la parola nella sua evoluzione esistenziale e comincia a conoscere un movimento interiore e inspiegabile che chiama Emozione. Ma questa sensazione immediatamente soffoca dentro un anelito implodente e necessita della manifestazione...per senso ancestrale di libertà. Ecco che quel senso del "fare" e del sentire creativo pretende un nome, l'uomo ha l'esigenza di dare nomi a tutto, POESIA, poiein, creare. Dunque è l'uomo stesso poesia, è la sua morula embrionale, è lui stesso che cerca un senso alla propria esistenza con la propria istintuale azione sensoriale, poi impara a cantarla e a scriverla e a dipingerla e a farne abito di vita.

Antonella Bellacchino che rapporto ha con le emozioni in parole?
Direi carnale, viscerale, autentico. Svolgo un lavoro che mi spinge a vedere la sofferenza, una delle emozioni più alte dell'essere umano, l'emozione che porta al limite estremo della tolleranza fisica e psicologica.E' in quell'attimo che posso osservare l'anima attraverso le iridi spinte ai bordi di una midriatica paura. L'uomo che ha paura è vero. Come dico spesso io scrivo per bisogno, lo ribadisco, perché voglio esaltare tutto quello che posso esplorare e fare tutto questo utilizzando ogni strumento facente parte della mia cultura mi rende totipotente nell'espressione verbale. Spesso mi piace essere ostile con me stessa, scrivo e dico quello che vedo ma solo chi penetra nei giochi di parole può intuire le allusioni metamorfiche. L'emozione, qualunque essa sia, ha l'obbligo di essere sublimata nell'arte. Noi siamo vivi per il flusso vorticoso della cinetica molecolare e lottiamo perdutamente  contro una forza che ci attrae....a seconda della "gravità". Fermarsi è incompatibile con l'arte, l'arte è incompatibile col cinismo, il cinismo è compatibile con l'idiozia.

IL MANIFESTO, perché? Cosa rappresenta e come fa ad entrare nel tuo esser "paroliere"?
Come dicevo prima, l'arte espressiva, qualunque essa sia, esita nella necessità di Manifestarsi agli altri e non per esibizionismo sterile...di quello ne siamo pieni anche nel campo dell'editoria, bensì nella spinta anarchica della comunicazione emotiva. Rendere universale l'individuale. Il Manifesto di Pablo T e di conseguenza la Sua Luce persuasiva mi ha colto di sorpresa e mi ha donato una opportunità unica. Il Manifesto è libertà congiunta al talento. L'entrar a far parte di un progetto di così grande impegno intellettuale e tumulto emotivo certamente mi ha svestita di vecchie remore e aperto la mente verso un nuovo mondo di intendere l'arte e la fruizione della stessa. Pablo conduce questa onda oceanica di cuori in arte con dedizione estrema e attenzione quasi paterna insieme alla insostituibile presenza di Romina Tondo, Donna di brillante levatura mentale e bellezza integrale. L'incontro di due anime così rare e con esse tutti i ragazzi del Manifesto hanno sciolto molti nodi del mio essere. Il Manifesto è un colosso di pensieri e di emozioni prepotenti, è arte disinteressata, è futuro. Ti ringrazio per aver usato l'epiteto "paroliere", ha insita una tenerezza da fil in bianco e nero, e m piace pensare alla sua onomatopeia... mi riporta all'immagine visiva di una moltitudine di lettere sparse nell'atmosfera, vaganti, fluttuanti e io in mezzo a loro attenta a coglierle, metterle insieme, per trovare un senso che, forse, mi stava già cercando, e poi arrivano sulle sacre lenzuola di carta e si rincorrono spinte dal respiro ansimante di un'emozione che le insegue perché si compongano e diventino "poesia". Il Manifesto rappresenta la mia rinascita e la comunione di sguardi diversi e perfettamente com_bacianti.




Mi mordi il cuore
Con zanne di silenzio Nella morte coronarica acuta L'abbandono d'infanzia Torna ancora In un giorno qualunque, Di papaveri.


© Mi mordi il cuore 
di Antonella Ballacchino




LINEA AMARA alias MARIA ELENA


Scrive come se fosse una necessità, solitamente accompagnandosi con un caffè lungo, poco zuccherato, che smorza la tensione che le si accumula tra le dita e la carta.




Conosciamo Maria Elena
Racconti di vita vissuta innanzitutto e ricamati di fantasia altre volte, la vera Elena, o Maria Elena, quando e in che modo riesce a raccontarsi?
La vera Elena la racconto tra le righe di ogni cosa che scrivo, che sia scritta d'istinto o che sia un lavoro accurato poco importa, credo di lasciare una briciola di me anche se racconto di demoni o vampiri, sono la vittima o la carnefice, tutto dipende semplicemente dall'umore con cui mi metto alla tastiera. Ogni giorno mi racconto, con metafore o accurate descrizioni delle mie emozioni, mai in rima, sempre in prosa. Tra tutte le mie righe, ci sono io. Molto spesso è per me un'esigenza, come il cibo, come gli zuccheri, come l'acqua fresca, sento l'urgenza di buttare nero su bianco, quel che mi cammina tra lo stomaco e la gola, mi levo le spine dalla lingua, i pugnali dalla schiena e, quasi come fossi sazia dopo un pranzo succulento, mi sento appagata. 

Quanto hanno inciso le tue fughe a ritrovarti nella scrittura? 
Il mio primo taccuino l'ho comprato all'aeroporto di Milano Malpensa, a 19 anni. Prima di allora mi bastavano gli scontrini, qualche foglio sparso strappato da un quaderno, poi ho iniziato a sentire il bisogno di raccogliere tutto dietro la stessa copertina. Ed ho scritto la mia prima riga proprio al ritorno da una delle mie tante fughe. Dovevo raccontare nel dettaglio, dipingere con le parole quelle che erano state le emozioni fugaci di quell'ultima esperienza. Rileggo spesso quelle pagine e ritrovo una ragazzina con un mucchio di sogni in tasca e negli occhi, così incredibilmente decisa a prendersi la sua vita ed il suo spazio nel mondo, che m'infastidisce l'idea di averla uccisa dopo una di quelle tante fughe. 
Ora le mie fughe sono la scrittura. Non parlo quasi mai delle mie avventure, dei voli persi, dei treni in ritardo, mi son fermata con i piedi, ma viaggio ancora con le dita sui tasti. 


Scegli una delle note musicali che rappresenta meglio ciò che in silenzio "sei".
Da premettere che ho una chiave di violino (Chiave di Sol) tatuata proprio tra le scapole e che, quel simbolo ormai un po' scolorito, ha segnato buona parte della mia vita, detto questo di sicuro sceglierei un La, Labii reatum - cancella il peccato – un verso dell'inno “Ut queant laxis” di Guido D'Arezzo. Cancella il peccato, perché credo di averne fin troppi da cancellare e da farmi perdonare.

Elena a IL MANIFESTO, perché?
È una domanda che mi faccio spesso anche io: perché IL MANIFESTO? Perché ho deciso che credere in alcuni valori non sia del tutto sbagliato, perché cercavo un posto dove poter sentire ancora il calore di un abbraccio, di un sorriso sincero, perché cercavo un sostegno nei momenti difficili e forse anche una cura per la mia assenza di fiducia nel genere umano. Perché IL MANIFESTO? Perché volevo tornare a credere in me stessa e, più di tutto, avevo bisogno di credere nelle persone ed in quel che faccio. 
IL MANIFESTO non è solo un gruppo di artisti, scrittori o pittori o scultori che siano, ma è un intrecci di mani, di anime, di personalità che dimostrano al mondo che la sensibilità, l'affetto, l'amore non sono punti deboli, ma forza, sono il punto di partenza. IL MANIFESTO è il passo avanti verso il cambiamento. Potevo restarne fuori? 

Ha il profumo della disfatta e di glicine in fiore,
petalo di sangue rappreso che scivola da guance levigate. 
S'inarca nel nero di un sorriso svenduto,
mentendo sul gorgoglio che solletica lo stomaco. 
Ha occhi scuri, pelle di bambola, 
ed ingoia rabbia e rancore fino a violentarsi l'anima cheta. 
Incespica raccontandosi, 
e cade lieve, ricamando l'aria d'assenza e mancanza. 
Ha l'odore della rivalsa, 
fiore reciso, strappato alla terra. 
Allevia il peso della sua colpa, 
ridisegnandosi uno scopo. 
Ha forza taciuta, 
pallore di vento, 
ed un abbraccio gettato nel vuoto. 
_Amara ©




ARIANNA L'ORFANA - FIAMMA LAROSA


Arianna è il coraggio che mi sono concessa e la dignità che ho dato al mio sentire.
È caduta e crollo.
E volo.



Parole in versi, di cosa vestono le tue poesie?
Le mie “poesie” sono nude. Mi spoglio quando scrivo. Mi piace pensare che fotografo gli attimi, i particolari, le emozioni. Cerco l’immediatezza del momento, il battito di ciglia. Mi piace credere che nei miei scritti riesco a fermare la semplice grandiosità di ciò che sento. E a dargli dignità.

Fare vita nel mondo o vivere di ciò che “è” il mondo?
Difficile risponderti. Difficile, forse, anche capire la domanda.

Il desiderio è di fare vita nel mondo. Entrarci e seminare pezzi di me, che mi sembra mi scappino da ogni angolo. Ogni volta che riesco ad essere me stessa, a lasciare una scia che ha il mio sapore, curo un po’ qualche ferita antica.
Non sempre mi riesce, però. 
A volte mi accontento di ciò che il mondo mi porge. Perché ho paura. Oppure non mi fido abbastanza di me stessa.
Ma è nel bilico che ho scoperto, in questi anni, il mio “equilibrio”. Quindi va bene così.

Guardando lontano nel tempo, quale dei tuoi scritti si rende esordio e soprattutto da cosa nasce? 
Beh, sicuramente il racconto “Fuori dall’angolo” con il quale partecipai al Premio Internazionale Firenze del 2011, autobiografico e che racconta della morte di mio padre. 
Prosa classica, corretta, con qualche spunto di azzardo, ma assolutamente fra le righe. Vinsi la medaglia di bronzo e quella fiducia necessaria per incontrare Arianna.

Oggi scrivo diversamente, strapazzando di più le parole, prendendole di punta, massacrando la punteggiatura.

Ma quel racconto lo porto dentro. 
È stato il mio primo vero volo.

Arianna l’Orfana perché e in che modo ti ritrovi ne IL MANIFESTO?
Questa domanda mi piace. 
Sai Vincenzo, credo di essere un’anarchica. Non di quelle armate, per carità. Proprio d’anima. Un’anarchica inconsapevole.
Non mi piacciono le definizioni e non finisco mai i manuali di istruzioni o i saggi pieni di regole. Su come essere felici, o come sconfiggere i sensi di colpa, o su come trovare Dio o su come rinnegarlo. Se mi dicono che DEVO fare, puoi star certo che trovo un modo, magari ci metto un po’ ma lo trovo, per non fare.
Non ho partiti politici che mi fanno battere il cuore. O squadre da tifare. O persone da amare per sempre.
Due sole certezze. I miei figli e le Chesterfield rosse.
Difficile “appartenere” per me. Troppo orfana, forse, per riuscirci davvero.
Sto divagando? No, non credo.
IL MANIFESTO mi chiede di essere me stessa, come artista, ma, soprattutto, come donna, e di apportare ricchezza e linfa vitale ai progetti di un gruppo di persone che ancora credono che l’Arte non sia solo di chi la “fa”, ma appartenga anche a chi la riceve.
Ne IL MANIFESTO io ci sono perché sono quella che sono.
Non è poco.
No.


Scrigni di battaglie perse e guerre vinte con passi a seguire e rinunce a seguitare. Sapore di rinascita incastrato nel retro delle mani, profumo di rivincita appeso a chiavi riconsegnate. Aroma di cannella fin dentro gl’occhi umidi, sale a cristalli sulle ciglia tremule, schiene piegate, piagate. Alate. Radici di paglia intrecciata, a seminar vento nell’acqua, a nutrire fiori e figli, ad accogliere albe da trasformare in tramonti. A germogliar vita tessendo trame lievi, senza spezzarsi mai, ché non ne son capaci. Le donne.

© Lotta nuda di Arianna l'Orfana




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