L’Archivio centrale dello Stato ospita bozzetti, fotografie, disegni
Architettura, cibo e design del ’900 con i progetti di Fiorini, Minissi,
Valente.
Nell’anno dell’Expo c’è
anche chi ha pensato a celebrare il bar. Lo fa con una mostra l’Archivio
centrale dello Stato (Piazzale degli Archivi, 27), che presenta fino all’8
dicembre oltre quattrocentocinquanta documenti, tra progetti, fotografie,
disegni, bozzetti, estratti dai suoi centoventi chilometri di carte. «BAR»
diventa, nel titolo dell’esposizione, acronimo di Bellezza, Arte, Ristoro. Il
sottotitolo aggiunge: «Architettura, cibo e design nell’Italia del ’900».
È infatti nel secolo appena passato che si
diffonde in Italia questa tipologia di locale, da non confondere con il caffè,
di sapore illuminista, dove fin dal Settecento la nera bevanda importata dai
turchi si gustava nel corso di lunghe conversazioni sui divanetti di velluto.
Al bar si sta in piedi e si consuma velocemente: un cappuccino, un drink, uno
spuntino. In un ambiente quasi sempre affollato. «Ma nessuno pensa mai alle
lunghe filiere che concorrono alla vita di un bar», fa notare Eugenio Lo Sardo,
direttore dell’Archivio e ideatore della mostra. «C’è l’architetto che disegna
il luogo e sceglie gli arredi. Le industrie e i designer che offrono le
macchine per il caffè espresso, i frigoriferi, i tostapane. Gli artisti che
danno forma e colore ai bicchieri, alle bottiglie, alle tazze. E altri che
elaborano splendide etichette rimaste nella storia del costume». Ed ecco
sfilare i progetti di bar disegnati all’inizio del secolo scorso da grandi
architetti come Guido Fiorini, Alberto Gatti, Mario Marchi, Plinio Marconi, Franco
Minissi, Francesco Palpacelli, Antonio Valente. Bar con banconi sinuosi,
vetrate e vetrine, piscine, decorazioni futuriste. Dall’Ufficio italiano
brevetti e marchi escono fogli, come il disegno di Fortunato Depero per la
bottiglietta di un celebre aperitivo, che raccontano la storia del made in
Italy prima che ne esistesse il concetto.
I lavori del «detenuto sovversivo» Carlo
Levi
L’eleganza del segno e
l’ironia dei disegnatori futuristi si ritrovano anche nei bozzetti eseguiti per
la storica agenzia Maga, fondata a Bologna nel 1920 da Giuseppe Magagnoli, il
primo pubblicitario italiano. Ci sono infine le opere commissionate a metà
degli anni Trenta ai grandi artisti per l’Esposizione universale di Roma,
prevista nel 1942 e mai realizzata a causa dello scoppio della guerra. Tra i
bozzetti di Afro Basaldella, Angelo Canevari, Achille Funi, ci sono anche
alcuni disegni di Carlo Levi, ma non furono richiesti dal regime. Sono
conservati al ministero di Grazia e Giustizia, sotto la voce «Fascicoli
personali di detenuti sovversivi». Il pittore li eseguì in carcere a Torino,
nella primavera del 1934, dopo l’arresto per la sua adesione al movimento
Giustizia e Libertà. Ritraggono pezzi di pane, un’arancia, una mela, una
fettina di formaggio. Tracciati con inchiostro diluito su frammenti di carta da
imballaggio marroncina, grigia, rosa, avorio, verde. La mattina della
liberazione Levi rivolse la domanda per ottenere «la restituzione di alcuni
disegni eseguiti con mezzi di fortuna durante la sua detenzione». La risposta
fu negativa, perché i disegni «sono stati redatti clandestinamente ed hanno
formato oggetto di sequestro».Fonte: Corriere della Sera
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