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venerdì 20 dicembre 2013

Storie & Racconti: "De Tempore" di Giovanna Albi


Caro Tempo, è il caso che io e te prendiamo confidenza: io ero una bambina e credevo di poterti dominare, credevo nella mia infallibile onnipotenza, ma tu passi veloce e tramuti ogni cosa e persona; mi hai strappato via gli affetti più cari, ma non mi hai tolto il sorriso mai spento, la certezza che non farai scempio di me se non con la morte, che poi io non temo, perché è solo un passaggio ad una dimensione più alta.
Tu, Tempo, travolgi ogni cosa, ma non puoi cancellare gli affetti più grandi, perché anche la morte nulla può contro i ricordi che gelosamente custodiamo, certi che  nessuno muore davvero finché ne conserviamo il ricordo. Il ricordo è l’unico strumento che abbiamo contro la tua prepotenza. E io me ne sto qui seduta in questa domenica uggiosa a ricordare, e credo di essere una privilegiata, perché conservo vigile la memoria e forti i sentimenti del cuore mio. Mia nonna, malata di cancro, mi ha lasciata nel 1972, sono ormai 40 anni, ma io la ricordo, ricordo il suo sfaccendare per casa, le sue pizzonde, come le chiamiamo in teramano, le frittelle che lei faceva meravigliosamente bene.
Era una cuoca provetto e la famiglia si riuniva intorno alla mensa la domenica: c’erano tutti i parenti, molti dei quali sono morti. Ricordo, nonna, il tuo sorriso e il tuo sguardo straniato dalla gelosia, sì, gelosia per il nonno che ti tradiva. Era un bellissimo uomo, io ne conservo le foto, e non l’ho mai conosciuto, ma ricordo le tue crisi di pianto ogniqualvolta ricordavi i suoi tradimenti, e tu eri una donna piccolina, mi sembravi una bambina bisognosa di affetto.
Dicevano i parenti che eri un'isterica, ma io comprendevo la tua sofferenza; dura deve essere la vita di una donna innamorata e tradita! Le tue figlie non ti comprendevano e adoravano il padre come una sacra icona. Tua figlia, che è poi mia madre, ne custodisce gelosamente le foto e parla sempre di lui, lo cerca,come se fosse vivo; sai, lei è malata da 20 anni di Alzheimer e non ricorda nulla se non suo padre e pensa  di avere tre anni. A me fa una gran pena: non mi riconosce e ha lo sguardo assente, parla da sola, ricordando il tempo passato, credo che sia in una dimensione oltre, si muova verso un altrove che solo lei capisce, più vicina al mondo dei morti che a quello dei vivi. Il tempo ha fatto scempio della sua memoria: ricorda benissimo Carducci, Leopardi e la Divina Commedia, ma non si è accorta che le è morto il marito, non lo cerca, come se non fosse mai esistito.
Sì, Tempo, mi hai portato via mio padre il 20 febbraio di questo anno, ma chi mai potrà cancellare il ricordo di un uomo dalla tempra d’acciaio, di un uomo libero dentro, di un nobile partigiano della pace e della libertà, della cultura, della letteratura, della filosofia, della storia, della politica? Ricordo i suoi silenzi, l’austerità della sua indole di indefesso lavoratore, mi porto dentro i suoi insegnamenti: in primis, la difesa della mia libertà di pensare e, se oggi mi diletto a scrivere, lo devo a lui che mi ha educata ad avere rispetto per la cultura e per la mia persona,a condividere i miei sentimenti con il resto del mondo. Si definiva un “ solipsista”, ma in realtà entrava in amabile conversazione con mondo quando ne aveva occasione, un abile oratore era, un tuttologo, un uomo saggio. Eppure, tu Tempo, hai portato via anche lui, che era profondamente attaccato alla vita, ma alla fine ha ceduto alla tua forza e non ha più reagito.
 Tutti si piegano di fronte alla tua forza che cambia i nostri profili e le nostre anime, che tu plasmi con tirannide, facendoti arbitro delle nostre esistenze. E noi andiamo avanti e tu ci corri dietro e a volte vanifichi i nostri progetti, ma noi resistiamo e a volte ti sfidiamo con sguardo altero, ma poi ci inchiniamo alla tua forza che tutto involve.
Ci restano macerie e sepolcri da coltivare, nel tentativo spesso vano di tenerci desti, ci sembra di essere degli eterni ragazzi, ma le rughe allo specchio ci ridanno l’immagine di ciò che siamo diventati, Sì, le rughe come sono belle! Ognuna il segno di un percorso compiuto, di un dolore superato, di una gioia goduta.
Solo ieri ero una ragazzina inesperta della vita, oggi sono una cinquantenne saggia assennata, una madre, una moglie, un’ insegnante e tu mi hai plasmata con nobile maestria, tu, abile scultore; non vorrei tornare indietro, ma tu non lo permetteresti, tu ci ridai i confini dai quali deborda la nostra onnipotenza, tu sei il nostro amico-nemico,e ci riconduci sul sentiero della saggia opportunità di accettare il tuo trascorrere inesorabile ed impietoso.
Ma non hai pena di noi mortali che ci affaccendiamo chi in un modo chi in un altro  cercando di trattenere proprio te, che per nulla ti curi di noi, del nostro fare e del nostro soffrire come pellegrini sulla nera terra?
 Tempo, nostro grande padrone, noi ci inchiniamo a te quando siamo adulti, e ti sfidiamo quando siamo giovani, quando abbiamo tanto tempo da vivere e ci sentiamo padroni del mondo. Sai, figlio mio, quante volte non ho fatto in tempo? Quanto rimpianto mi porto dentro, quante sconfitte e quante vittorie ? Sicché io posso  dire di essere una persona in precario equilibrio; credevo di essere una trapezista e mi ritrovo un acrobata che cerca un equilibrio sul filo del tempo. E, tu, Tempo, la fai da padrone ,e non ci dai nemmeno il lo spazio di riflettere che sei già trascorso in corsa sfrecciante lasciandoci a terra a chiederti perdono per la nostra arroganza.
Tu, Tempo, a volte sei davvero tiranno e strappi i figli ai genitori, ed io ti ringrazio perché finora sei stato clemente con me, che ho la fortuna di vedere mio figlio forte e sano di cuore, di mente, di fisico, ma hai distrutto i sentimenti che provavo verso molte persone e di questo mi dolgo, di queste separazioni forzate, allora andrei a riprendere i miei amici e li farei tornare in vita nella mia memoria, ma, proprio quando mi sembra che la difficile impresa arrivi a compimento, arrivi tu e mi richiami al presente e mi ammonisci e mi apri gli occhi e mi fai capire che sto solo sognando. Allora noi umani  ci rifugiamo impotenti tra le braccia di Dio, lì dove risiede il tempo infinito e cerchiamo di lenire la sofferenza di fronte al trascolorare di tutte le cose. Macerie siamo nient’altro che macerie del tempo trascorso e cerchiamo un aiuto, un conforto, una mano amica che ci porti con sé, che ci strappi al dolore del tempo che si consuma nel momento stesso in cui cerchiamo aiuto.
Vorrei richiamare in vita i miei affetti, ma resta solo un dolce ricordo e mi ritrovo a parlare con i miei morti e con i miei amici in atteggiamento supplice, martoriato dalla tua forza. Sai, da giovane, non credevo che tu fossi così onnipotente, credevo io di esserlo, solo da poco mi sono accorta della mia impotenza di fronte a te; eppure io ti chiedo tempo, dammi ancora del tempo per recuperare la mia grandezza, abbi compassione di me che mi piego umilmente a chiedere aiuto proprio a te, che in fondo ti avverto come il mio nemico principe, perché sei di una forza che supera la stessa Natura, che talora riusciamo a piegare ai nostri servigi, mentre tu davvero passi mietendo vittime ovunque e non ti lasci certo domare.
Se leopardianamente riusciamo sfidare la Natura, nulla possiamo contro di te e ribellarsi alla tua forza è sciocco e insensato e significa non cogliere il paradosso del divenire: diveniamo sempre altro anche rispetto al ricordo: e io non mi lascio incastrare e ti fuggo, non mi faccio prendere dalla nostalgia di ciò che poteva essere e non è stato. Me ne sto piantata a terra come una dura quercia che non si lascia scalfire dalla tua forza. Non è rassegnazione ,è consapevolezza dei limiti umani, che solo l’età matura mi ha dato, e anche se soffro, tu ,Tempo inclemente, non lo devi sapere, perché io non voglio farti scoprire i miei lati deboli, ho paura che tu possa infierire su di me.
Ti chiedo un piacere: sii clemente con mio figlio, lascialo crescere come meglio crede, fallo diventare una persona forte, piantata a terra su profonde radici, dagli il tempo di crescere forte e sano, dettagli le leggi dei sani principi, su cui edificare la sua casa di bronzo, non ti curare di me, che ormai sono formata, ma plasma lui come si fa con un amico, dagli le opportunità di cogliere il kairòs, dagli le chances per arricchire la sua personalità e soprattutto dagli il tempo di studiare e formarsi come cittadino libero e responsabile. Sicché si possa dire che non è vissuto invano.
Come pellegrini passiamo su questa terra, certi che un futuro migliore ci aspetta oltre la morte ,intanto in questa vita ci affaccendiamo e sai quanto tempo ci facciamo rubare dalla stoltezza degli uomini, che ci sottraggono al nostro tempo interiore con il loro insulso ciarlare su cose vane?
Scegliamo i nostri amici per tempo! Curiamo la nostra anima come si fa con le piante! Annaffiamole di sobrietà e saggezza! Non lasciamoci travolgere dalle mode che passano! Resistiamo e insistiamo pervicacemente per essere noi stessi sempre! Tuteliamoci!  Teniamo calde le nostre anime pronte ad amare! Liberiamole dall’invidia, la gelosia, il risentimento! Questo è l’unico strumento che abbiamo contro il tempo, che stratifica su di noi anche ciò che non vogliamo. Compiamo riti di purificazione dal dolore di esistere ,a volte senza poter scegliere il nostro destino, perché anche il destino lo amministri tu, o Tempo , padrone assoluto delle nostre esistenze miserabili.
Anche Traiano, dopo aver conquistato mezzo mondo, dovette fermarsi a riflettere forse sulla vanità stessa delle sue conquiste e arrendersi di fronte all’infinito temporale. Il Tempo ci ammonisce delle nostre fragilità e io mi rivolgo supplice a te, o mio Dio, dammi la forza di sopportare ciò che non posso cambiare e spingimi avanti, sollevami dal buco nero del Tempo. Dammi la forza di andare avanti col sorriso mai spento anche nella sofferenza di non essere riuscita a portare a realizzazione qualche mio progetto: non ho fatto in tempo.

Tempo, mio Tempo, torna! Il Tempo ritrovato è di gran lunga più piacevole di quello perso.

Giovanna Albi


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