Amore,
questa lettera è per te. Solo
per te e per nessun altro. Chiunque altro la leggerà probabilmente non capirà.
La lascio qui, nella speranza che un giorno la troverai e queste parole
spiegheranno il mio silenzio.
Ti amo, come
solo un poeta saprebbe descrivere, e il mio stesso amore nessuno potrà mai
comprendere. Eppure mi siedo qui a cercare di scrivere la prossima riga,
sapendo che nessuna parola potrebbe mai narrare quello che provo, sapendo che
sono solo un altro poeta perduto, in amore, sola e sempre non compresa, nemmeno
ricambiata.
E ti amo
ancora, sapendo che i tuoi occhi forse non leggeranno mai le parole che sto
scrivendo.
E’ fragile
questo amore, scritto sulle cicatrici della mia stessa pelle. Raccontano una
storia, la mia. La pelle è senza
macchie, nascondo bene le cicatrici ma le sento. Sepolte nei miei segreti
attecchiscono facendo fiorire le incertezze. Gli errori sono difficili da
dimenticare, sono incisi nella memoria, nel cervello, erano incisi nella carne.
Le cicatrici che hanno dipinto il mio incarnato ora sono scomparse, non si
vedono più come un tempo, ma i ricordi sono più della stessa pelle.
Corro
dietro alla memoria, rifletto. Senza i ricordi non mi saprei riconoscere. E
ingoio le parole non dette, stringo a pugno le mani affondando le unghie nei
palmi… il dolore è molto meglio del nulla in cui mi nascondo.
E penso a te,
si proprio a te. Al tuo modo di incedere, alla tua risata e mi mordo le labbra
di ciliegia, non posso nascondere la mia voglia. Sono sola e non sei accanto a
me, nudo come vorrei che fossi. Sento il mio tocco, le mie sole mani che
giacciono lì, tra le cosce. Solitaria e fremente ascolto la mia nenia.
Intrecciata nella
notte guardo la flebile luce che arriva da fuori. Una luce che cade sulla
pelle, su sentieri nascosti di un dono notturno: un sogno, dove il tuo spirito
mi aspetta, per condividere un amor supremo, quello che solo nei sogni si
incontra, al di la della portata dei mortali regni.
Riporto con me, dal sogno, un dolore perpetuo che si intensifica ad ogni parola che scrivo per te. Si gonfia come un’onda di oceano, lentamente si slancia, sotto il silenzio del mio pianto d’inchiostro, si consuma nella realtà di ogni parola che non ho mai detto.
Riporto con me, dal sogno, un dolore perpetuo che si intensifica ad ogni parola che scrivo per te. Si gonfia come un’onda di oceano, lentamente si slancia, sotto il silenzio del mio pianto d’inchiostro, si consuma nella realtà di ogni parola che non ho mai detto.
Ho nuotato per
oceani, nel sonno, fluttuato fra le stelle ti ho raggiunto e trovato il
silenzio e, poi, un sorriso si è rivolto alla tristezza. Strato dopo strato si
è dissolta, l’ho guardata cadere in un mare piatto. Raccolta come nel ventre di
una mamma ho ritrovato il mio esistere. Ho raggiunto ricordi, ho scavato nella
sabbia, ho pianto lacrime di sangue, ma ho drenato i pensieri per un futuro
migliore e nella volontà di continuare ad esistere ho raggiunto una luce. La
luce del mattino, brillante e assolata, calda e viva.
Dietro ogni
ombra c’è la luce e l’esperienza insegna: il sole sorge ogni giorno e la vita
continua, anche se nulla veramente cambia. Luoghi comuni, ben impressi nella
mente di chiunque.
Vivo
confrontando e accarezzando le mie cicatrici, alla frenetica ricerca
dell’altro, di te. Non dimenticherò il passato né te lo farò vedere ancora, e
questo amore vivrà con me, nascosto qui, tra i cassetti della memoria. Nessuno mi sentirà sfogliare le pagine
imbrattate d’inchiostro.
I giorni si
susseguono, inesorabili. Come il giorno segue la notte e la notte segue il
giorno, in un moto perpetuo in cui tutto scorre. Parlo nel silenzio di velluto
della notte, lacerante la sua pace, nessun suono del mio cuore inascoltato.
Questa la nuda verità e non importa. Non importa se nessuno sente, se nessun
altro essere può testimoniare le mie parole. L’unica cosa che m’importa sono i
miei pensieri, il mio scrivere di te, dell’amore, del mio parlarti anche se tu
non senti e non leggi.
E mi rendo
conto che per amare non sono necessari colori e pennelli come per dipingere. Tutto
quello che serve sono mani e labbra e sussurri e sospiri e parole… parole che
mai udirai.
Mi fai paura. Sento
di essere una flebile scintilla nel buio, nata dalla luce dell’amore e del
fuoco portato sulle ali di un gabbiano, annaffiata dalle onde del mare e
guidata dalla brillantezza del sole. Mi fai paura, perché hai raggiunto la
turbolenza del mio cuore, che vibra forte e infiamma il mio viso.
Non sono
abituata all’amore, è una terra straniera, cammino con passo incerto, inciampo
e cado spesso.
Perché le tue
braccia si protendono ad abbracciarmi e sento come se mi strangolassi? Perché
sto cercando di amare ciò che sfugge ai miei baci?
Lasciami
esistere nel mio silenzio, nella solitudine della mia notte, con le stelle
impresse nel cielo scuro, nelle mani del tempo, che segue ogni tonfo del cuore.
Per favore, ti prego, lasciami nella mia ignoranza, nel mio dolore. Preferisco
sentire il dolore, piuttosto che il nulla. Perché è questo che avrò, come sempre,
ogni volta.
L’amore non mi
ama, l’amore non mi vuole, l’amore mi sfugge e io ti amo ancora.
I legami del
passato possono causare un sacco di confusione nel presente, così grande che è
sempre sul filo di “ora”, dell’istante che vivo. Il passato, mi ricorda ogni
volta che sto imparando dalle mie esperienze, anche se la mente e miei pensieri
spesso rasentano la follia.
Tutti i grandi
fuochi si lasciano dietro fluttuanti nuvole color cenere, che rimangono a lungo
anche dopo che l’incendio è stato domato. Allo stesso modo, ci sono persone,
nella nostra vita, le cui assenze lasciano alle spalle nubi oscure, che
incombono sul resto dei nostri giorni. E non è la tristezza che restituisce
quei giorni, ma la grandezza della loro memoria, che esige essere ricordata.
Non mi aspetto
niente. Non ho intenzione di fare altro, lascio che la vita mi scorra
attraverso, non voglio nemmeno chiedere cosa mi porterà il domani, perché
quando verrà domani sarà la stessa identica cosa: il mio amore lo porterò con
me. E se oggi scrivo, scrivo per sentire, per sentirmi viva.
Come vorrei
che fossi qui ad allungare la tua mano e riempire i miei spazi tra le dita,
dove mi piacerebbe averti e nel cuore dove già sei. Come vorrei che respirassi
sulla mia pelle e non ti portassi dietro i tuoi artigli affilati.
Invece resto
qui, da sola, a rincorrere i ricordi e a scrivere parole.
Parole che
forse mai leggerai. Sono tante, custodite in un cassetto, la chiave ben
nascosta. Un tesoro da custodire, prezioso e fragile.
Parole come
foglie d’autunno, leggere e in balia del vento. Parole come il sole d’estate,
calde e brillanti. Parole come fiori di mandorlo in primavera, delicate, dalle
tinte pastello. Parole come il gelido inverno, fredde e dure.
Parole che ho dipinto e le tengo per me.
Parole. Ho soltanto parole adesso e il profumo inebriante e
fiero della mia solitudine.
Oggi mi chiedo: che cosa è rimasto dopo che ci siamo fermati
a parlare? Che cosa è rimasto dopo che mi hai guardato e urlato il tuo potere?
Hai graffiato la mia superficie, l’hai disegnata con il sangue, hai trapassato
la mia pelle come lama affilata: le tue parole sconce e le tue mani forti. Ho
provato a perdonarti ma la mia pelle non l’ha ancora fatto e mi suggerisce
sempre che è troppo tardi.
E’ una lotta continua tra pelle e cuore.
Le tue lacrime, quelle che hai versato per impietosirmi,
bruciano dentro il mio cuore ma non possono cambiare lo stato delle cose. Pur
amandoti e desiderando di averti al mio fianco, nei sogni e nella realtà, devo tenerti
lontano. Ancora devo tenerti lontano!
Forse riuscirò a far dissolvere la tua immagine di demonio dai
miei occhi, il dolore delle ginocchia rotte e dei tagli ai polsi svanirà. Si
guarisce sempre dalle ferite che si vedono. Non sempre nel modo giusto, ma si
guarisce. Basta lasciar scorrere il tempo e la memoria.
E le cicatrici? Sono autografi di esperienze, calendari con
le date segnate per la memoria, ferite saldate dal tempo, linee bianche che
disegnano una mappa. Sono narratrici coraggiose, storie del mio passato,
post-it a forma di cuore spezzato. Sono i miei segreti terribili, la mappatura
dell’anima, le lezioni apprese. Mi rafforzano. Sciocche e timorose, a volte, ma
inflessibili. Segnano una vittoria, non una sconfitta. Sono la mia salvezza perché
le indosso fiera.
Stanno sbiadendo adesso. Parlarne mi aiuta.
AUTRICE ALLIE WALKER
"Questo è la storia di
un’invadenza. Di una molestia. Di un amore malato. Della negazione dell’amore.
Colei che scrive, sembra volersi liberare da milioni di demoni, di sofferenze,
di immagini, di segni evidenti. Sembra volersi sfogare: “I giorni si susseguono, inesorabili. Come il giorno
segue la notte e la notte segue il giorno, in un moto perpetuo in cui tutto
scorre. Parlo nel silenzio di velluto della notte, lacerante la sua pace,
nessun suono del mio cuore inascoltato. Questa la nuda verità e non importa. Non
importa se nessuno sente, se nessun altro essere può testimoniare le mie
parole. L’unica cosa che m’importa sono i miei pensieri, il mio scrivere di te,
dell’amore, del mio parlarti anche se tu non senti e non leggi”.
E
ancora, non importa se lui starà li a leggere queste parole, starà lì ad
ascoltare, l’importante è far fuoriuscire quel magma covato dentro un vulcano
(interiore), afflitto dalla brutalità di mani pesanti, e di amore acerbo.
Dietro
questo amore/dipendenza si arriverà anche alla stessa negazione di sé: “Lasciami
esistere nel mio silenzio, nella solitudine della mia notte, con le stelle
impresse nel cielo scuro, nelle mani del tempo, che segue ogni tonfo del cuore.
Per favore, ti prego, lasciami nella mia ignoranza, nel mio dolore. Preferisco
sentire il dolore, piuttosto che il nulla. Perché è questo che avrò, come
sempre, ogni volta”.
Per
poi arrivare dietro un percorso di analisi interiore, e di distaccato ritorno
alla realtà, ad appropriarsi di quel sé, del vero sé, e non del suo fingitore.
Rastrellando
dietro la natura il colore delle stagioni tutto arriverà ad essere
consapevolezza, quella che almeno scriverne è un primo passo per starne
lontani. Per incominciare a volersi bene, senza fraintendimenti.
per la Commissione
Gino Centofante
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