“Se mi affido a un editore, è suo dovere
trovare un modo per divulgare l’opera. Sono convinto che nessuno di noi
esordienti si sia mai sognato di pubblicare con una casa editrice pressoché
sconosciuta, tornare a casa, accendere la tv e
ritrovarsi davanti a uno spot che inneggi all’idea dell’anno.”
In questi ultimi
dieci anni l’editoria è profondamente cambiata, le case editrici sbucano
come funghi e gli scrittori non hanno alcuna certezza di poter vedere il
proprio libro nelle librerie delle maggiori città italiane.
Pierluigi Curcio
ha scelto di pubblicare la sua ultima raccolta di racconti con
l’autopubblicazione, dunque scavalcando qualsiasi casa editrice. Nasce dunque “Legàmi”, quattordici storie del mistero
che indagano sul fenomeno del poltergeist, sulle sedute spiritiche, sulle case
infestate da fantasmi inquieti, sui tetri cimiteri popolati da strane energie,
su animali spaventosi ormai mitologici.
Pierluigi Curcio
è stato molto disponibile nel raccontarci qualche verità nascosta dietro alla
sua raccolta ed alla sua carriera da scrittore. Buona lettura!
“Giro per casa. Non so
dove andare. Le foto sono dove le ho lasciate, così come tutta la mia roba, i
miei vestiti, la collezione di miniature. Tutto è come dovrebbe essere. Entro
nello studio, mi stendo sul divano. Sono irrequieto. C’è silenzio. Troppo.”
– Incipit del racconto “Legàmi”
A.M.: Dal primo romanzo, “Vendetta”,
sono trascorsi otto anni. Ritieni che oggi il tuo modus scribendi sia mutato in
qualche modo?
Pierluigi
Curcio: Otto? Otto anni… in questo
fantasmagorico arco di tempo che sembra esser trascorso con un semplice battito di ciglia, ne son cambiate di cose:
ho conosciuto e perso persone, ho avuto nuovi amici e ne ho ritrovati altri. La
mia vita è stata completamente stravolta nel corso di questo tempo, pur
restando fondamentalmente sempre la stessa. Il Pierluigi di otto anni fa che si
accingeva a scrivere di Embreis, Medved e Fearghal, si era lasciato irretire
dalla scrittura di David Gemmell e, con timidi passi, si approcciava al mondo
della scrittura. Accidenti se son cambiato. Lo stile fondamentalmente è sempre
quello, ma oggi ho un occhio più attento. Ho imparato a conoscere e temere il
nemico più infido che un addetto ai
lavori conosca: il refuso. Sembra si annidi nascondendosi al di sotto
dell’inchiostro per poi balzar fuori dopo la decima lettura oppure… proprio
dopo aver dato l’ordine di stampa. Un vero incubo. Ho iniziato a scrivere
portato dall’ispirazione, oggi come oggi posso dire di riuscirci anche sotto
commissione e di essere in grado di destreggiarmi con discreti risultati su
almeno tre generi: romanzo storico, horror, western. Cerco
di essere meno impulsivo e di approfondire la caratterizzazione dei personaggi.
Tutto hanno un quando, un perché e un come, anche le comparse destinate a
sparire dopo solo poche righe.
Sì, il mio modus scribendi, è cambiato
parecchio.
A.M.: “Legàmi”, un titolo che anticipa
la connessione esistente fra i racconti della raccolta. Quanto è importante la
scelta di un titolo per uno scrittore?
Pierluigi
Curcio: Più che la connessione esistente
tra i vari racconti, il titolo è ispirato a una delle quattordici storie
scritte. Esistono persone che non smettono inconsciamente di cercarsi.
Nonostante i dissapori, i dissidi, le scelte affrettate dettate dall’orgoglio o
da quel che la vita gli mette davanti… continueranno sempre a sentirsi
"legate". Il protagonista di questa storia lo capisce sin troppo
tardi, ma il “tardi” è così relativo che il tempo per rimediare lo si trova
anche dopo la morte terrena. Il titolo deve colpire, intrigare, deve abbinarsi
con la storia e la copertina che andiamo a presentare… deve incuriosire e
spingere il lettore a dire “Questo lo compro”. In genere li preferisco corti e
d’impatto, facili da ricordare.
A.M.: Poltergeist, sedute spiritiche,
case infestate, tesori, cimiteri, personaggi mitologici e storici che divengono
i protagonisti di una raccolta da brivido. Quando nasce la tua passione per il
mistery e paranormale?
Pierluigi
Curcio: Forse non dovrei dirlo, ma ha
radici decisamente profonde. Il paranormale in un certo qual modo, ha sempre
fatto parte della mia vita. Da ragazzino, ci hanno pensato i miei nonni a
“svezzarmi” con storie che, a lor dire, erano tutt’altro che fantasiose. Mia
sorella poi… lei mi reclutava per vedere i vecchi film di Dracula, quelli in
bianco e nero di una volta in cui bastava un solo sguardo di Christofer Lee per
farmi nascondere sotto il tavolo.
A.M.: Nel racconto “Chupacabras” narri
di un animale mitologico dell’America conosciuto da svariate testimonianze
oculari. Quando hai conosciuto la storia del chupacabras e perché è diventato
oggetto di un tuo racconto?
Pierluigi
Curcio: Per la verità non sapevo molto
dei Chupacabras, ma avevo necessità di variare, di inventare nuove storie che
non fossero ripetitive. Quattordici racconti sul paranormale e il mistero non
possono essere incentrati solo sugli spettri. Si rischia di annoiare e non
potevo permettermelo.
A.M.: Fantastichiamo: ti sei
reincarnato in Oliver, uno dei personaggi di “Legàmi”. Come si sarebbe
comportato Pierluigi?
Pierluigi
Curcio: Oddio, qui mi metti in
imbarazzo, se parlassi di Oliver svelerei sulla storia più di quel che dovrei, invece,
dato che ne ho già accennato in riferimento al titolo, ti dico che se dovessi
reincarnarmi nel protagonista del racconto specifico “Legàmi”, non lascerei che
la vita mi strappasse via l’amore della mia vita.
A.M.: Qual è il racconto che ha destato
maggiori apprezzamenti da parte dei lettori? E quello che invece ha colpito di
meno?
Pierluigi
Curcio: Rischio di diventare ripetitivo,
lo ha avuto proprio il racconto di cui sopra. Difatti è risultato il vincitore
della seconda edizione del concorso letterario “Il cerchio di pietre” 2014. Quello meno avvincente? Onestamente non lo so,
fino a oggi, nessuno ha avuto l’ardire di metterlo al bando e per me son tutti
figlioletti della stessa penna. Qui sorrido.
A.M.: La scelta dell’auto
pubblicazione. Qual è il tuo pensiero sull’editoria odierna?
Pierluigi
Curcio: Eh, bella domanda. Fino a oggi
ho pubblicato con diverse case editrici, sia in formato cartaceo che digitale.
Sarà stato forse perché erano piccole, sarà stato che non ho trovato le persone
giuste che mi abbiano saputo stimolare e dirigere, ma alla fine, la differenza
con l’auto-pubblicazione sta tutta nei diritti d’autore.
Se mi affido a un editore, è suo dovere
trovare un modo per divulgare l’opera. Sono convinto che nessuno di noi
esordienti si sia mai sognato di pubblicare con una casa editrice pressoché
sconosciuta, tornare a casa, accendere la tv e ritrovarsi davanti a uno spot che inneggi
all’idea dell’anno.
Tutti noi siamo consci di affidarci spesso
a soggetti di cui, fondamentalmente, non abbiamo mai sentito parlare prima del
nostro repentino bisogno di pubblicare… però… però è dovere di quell’editore,
fare di tutto per promuovere il nostro prodotto. In luogo di radio e tv, c’è la
rete e, per quanto satura di autori, esistono buoni blog letterari seguiti da
una cerchia di lettori che non attende altro di essere attratta dalla novità,
da una storia che sappia tenerla incollata alla pagina, e lasciarla con
un’ombra di rimpianto alla fine.
Sino a oggi ho dovuto contattare
personalmente la maggior parte dei blog da cui ho ottenuto qualche recensione e
un pizzico di visibilità. Non mi pare giusto tenendo conto del fatto che
vengono trattenuti più dell’80%, in taluni casi anche il 90% dei diritti
d’autore. Con l’auto-pubblicazione, male che vada, potrò prendermela solo con
me stesso.
Le grandi per contro, penso badino a
ottenere un repentino guadagno affidandosi a nomi più o meno noti, o che
dimostrino di avere in rete un certo
seguito. So che molti autori nuovi provengono proprio dal self e han dimostrato di saper vendere.
È quasi una guerra persa in partenza,
almeno per me. Come e meglio del sottoscritto ce ne sono e saranno mille altri,
ma ognuno di noi ha le proprie storie che rodono dal di dentro per essere
gettate su carta e ognuno, ritengo, debba avere la possibilità di riuscirci. Quindi,
alla fine, ben venga il self, sarà la selezione naturale e un pizzico
d’intraprendenza in più a garantire al testo una sua nicchia.
A.M.: Hai in programma delle
presentazioni del libro? Vuoi anticiparci qualcosa?
Pierluigi
Curcio: Per la verità, no. Sono un
pessimo istrione e non amo fronteggiare una platea di sconosciuti che non hanno
la più pallida idea di quel che abbia scritto, né trovo sia normale che sia
l’autore a convincerli della validità della propria opera. Sempre fedele al
detto “chi si loda s’imbroda” preferisco che siano altri a parlarne… sempre che
si trovi qualcuno disposto a esporsi ed a crederci.
A.M.: Salutaci con una citazione…
Pierluigi
Curcio: “Sperare che il mondo ti tratti bene perché sei una brava persona, è
come pensare che un toro non ti attaccherà perché sei vegetariano.” (Dennis
Wholey)
Written
by Alessia Mocci
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