C’è qualcosa nella
notte, quando s’affaccia la luna a illuminare insistentemente l’oceano che si
accende, popolato da miliardi di lucciole e richiama il mio sguardo e mi
rovescia l’anima fino a strizzarmi fuori una sensazione disarmante. Ci si perde
nell’osservare la bellezza dell’immensità. Così, io non so distogliere i miei
occhi da te, fino a sentire un muto dolore quando non sei più nella mia
visuale. Allora, mi riduco a sbirciare la luna nascosta dalle nubi, evanescenti
riflessi dei tuoi occhi e se per sbaglio s’incrociano i nostri sguardi, si fa
improvvisamente giorno, troppo, un sole che mi acceca.
Senza quasi la forza
di sostenere il tuo sguardo, mi coglie, in quei brevi attimi, una fortissima
vertigine, di chi volando, all’improvviso sente di cadere nel vuoto della
certezza che manca, così come mancano tutte le parole d’amore che vorrei gridarti
e a stento riesco a scrivere, come fossero inaudite illusioni che mai potranno sostenersi.
Non c’è più alcuna
esitazione quando il dolore diventa insostenibile. Morire o vivere…e io vorrei
vivere morendo nei tuoi occhi ogni volta che mi guardi.
Scolpita come
ghiaccio, tace l’esitazione che mi lega in lunghe torture, ore, giorni, nei
pensieri che di te si nutrono senza mai saziarmi, nelle attese sempre aperte di
un tuo sorriso.
L’amore che ho per
te canta una lunga notte che mai si sbianca, nemmeno con l’arrivo del giorno.
Prepotente si fa
la voglia, disperata fame che di te sento, a ogni istante.
Il buio che va
oltre la notte, dimentica le stelle in un cassetto ben nascosto nel mio petto,
la mia voce ti arriva scritta in questa lettera, ma senza suono. Eppure non
smette di vibrare una sola parola, come non smette di brillare una stella, solo
perché non si vede nel giorno.
Esiste forse una
chimera, che reputata irraggiungibile, sembri meno vera?
Io ti vedo come la
luna, eterno diamante, che non posso arrivare a toccare, se non con i miei
sguardi, lunghe ciglia mi accompagnano nelle costellazioni che ti sfiorano,
accendendo esplosioni, mio unico nutrimento, mio unico tormento.
Vorrei saper di te
tutti quei discorsi che ti abitano e che tanto temo di non sapere mai, come
l’ultimo raggio di sole che muore a sera e teme di non rinascere il giorno dopo,
inconsapevole della vita che continua in altri strati di cielo.
Talvolta mi fermo
pensierosa sull’immagine morbida delle tue labbra, ferme in un sospiro, prima
di pronunciar parola, e quando chiami il mio nome, inconsapevole di quel che mi
rovesci dentro, l’emozione non mi regge più … e il cuore si gonfia di rose,
lasciando fuori le spine a pungermi le mani che colano sudore. Non una sola
goccia vorrei buttar via, poiché ogni mio pensiero si lega a te nel tormentato
sentimento che mi fa vita e passione.
L’amore che sento
per te mi stringe fino a farmi male in quell’attesa di una tua parola che possa
farmi esplodere gioia. Se solo tu potessi liberarmi, anche solo con un gesto,
mi apriresti dunque le porte del tuo cuore, entrerei nell’estasi più pura e
totale per divenire farfalla e tu il mio volo.
Mi costa fatica,
anche in questo momento, pensarti e respirare insieme, perché tu solo sai
togliermi il fiato, come in un fermo-immagine che non sa andare oltre la
bellezza che ha già davanti.
Ancora non so se
queste mie parole ti raggiungeranno, le lascerò filtrare da ogni mio timore per
scorgerti nel mio cielo notturno, tu che sei la mia luna.
AUTRICE PATRIZIA SGURA
AUTRICE PATRIZIA SGURA
"L ‘epistola ben romanticamente esprime la passione d’amore,
un sentimento assoluto, totale,
avvolgente, che in cui si avverte tutta la vertigine del pensiero che procura
la contemplazione dell’oggetto concupito e raggiunto. Quando l’amore esce dalla
visuale dell’amata scatena un turbinio di sensazioni che sono descritte con
preziosità psicologica e acuto scandaglio dell’anima."
per la Commissione
Giovanna Albi
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