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sabato 17 maggio 2014

VINCENZO CALO’ ospite del nostro blog magazine – l'intervista a cura di CRISTINA BIOLCATI

INCONTRO CON VINCENZO CALO'
a cura di Cristina Biolcati

Nel salotto letterario di “Scritturati” è venuto a trovarci Vincenzo Calò, un giovane ragazzo pugliese che si occupa di scrittura, ma non solo. Vincenzo è autore di una silloge poetica dal titolo “C’è da giurare che siamo veri…”, sedici componimenti a sfondo filosofico che trattano riflessioni dell’autore sulla moderna società. Essa ritrova in ciascun essere umano una sorta di veridicità intrinseca all’uomo stesso, ma spesso si perde a causa del “falso” che la società promuove.
Non sono pensieri pessimistici, bensì una sorta di invito dello stesso autore a recuperare quello che di autentico c’è in ognuno di noi. Mi è parso un bel messaggio e vorrei approfondire la questione con l’autore.

Ciao Vincenzo. Benvenuto. Parlaci un po’ di te. Soprattutto, c’è un lato del tuo carattere che preferisci, e che oggi ti ha portato ad essere qui?
Non faccio altro che rimediare dalla parola stancata, a causa della mancata compattezza del mondo reale, un tormento inesauribile, inascoltabile; per giocare a stilizzarmi, a immaginare di centrare la complessità emotiva di un essere tanto estraneo quanto attraente. Mi piace infondere un “mi piace”, per avere tanta vita sulla coscienza da orchestrare e definire così il concetto di “fortuna” prima di attribuire una sfiga che si rivela lentamente, tristemente generazionale, per via del terrore di confrontarsi col passato, perché ci sentiamo spesso e volentieri inferiori al contributo da reinventare per migliorare socialmente.

“C’è da giurare che siamo veri” è la tua raccolta poetica. Ti confesso che già il titolo mi ha incuriosito molto. In particolare, vorrei focalizzarmi sul concetto di “modernità” rispetto all’individuo che le ruota intorno. Puoi parlarci di questo tuo pensiero?
Abbiamo il dovere di particolarizzare le storie del quotidiano se si vuole incarnarle, ma non sappiamo da dove cominciare per pretendere un briciolo di rispetto. Non proviamo più piacere a movimentare il credito di cui disponiamo fin dalla venuta al mondo facendo la propria parte, ne derivano rimproveri così ridicoli da rendere simpatico e distribuibile il male peggiore: la morte del giudizio, con la strumentalizzazione delle tragedie popolari, quelle che non lasciano il segno.

A chi suggerisci la lettura della tua opera?
A tutti coloro che danno spazio alle novità, con un’impressione colta nel tempo, dettato da nessuno, di comprendere ch’è impossibile oramai perderci di vista, fare a gara per assicurarsi il consenso del pubblico e annientare l’avversario; avendo il potere di montare e distruggere un palcoscenico per dichiarare che nessuno ci pensa, che possiamo significare una solitudine da liberare come un filo logico, invisibile.

Sei una persona eclettica. Vuoi parlare ai nostri lettori delle attività che svolgi? So che scrivi per diverse rubriche e che hai spaziato anche nel campo del teatro e della musica.
Mi posso permettere di far abbracciare a un artista uno e più punti interrogativi, perché la cultura in Italia non comporta delle cose in comune, quelle che ti responsabilizzano. Non posso fare a meno di puntare su un pacato modo di riflettere circa comparsate, informazioni e produzioni indispensabili per crescere, per recuperare poi a sorpresa una presa per il culo che ti avrei rivolto, e coltivare terreni d’intuito senza la presenza di uno spaventapasseri.

Che progetti hai per il futuro?
Non smettere di capire a chi arrivare, per ripartire come un perfetto apprendista a correggere un bel Niente, interessandomi della Normalità senza rispondere alla sua presunzione d’innocenza concretamente, ma cortesemente, e quindi non rischiando, come siamo bravi oggi, d’incasinare ulteriormente i sentimenti, in cui non batte più la filosofia, svuotata per prevaricare e dimenticarsi di stare in un mare aperto di monete sovrastimate, come Paperon De Paperoni nel proprio deposito.


Cosa deve fare chi vuole leggere “C’è da giurare che siamo veri”? A chi si deve rivolgere?
Non lasciarsi condizionare da un sistema editoriale oramai inesistente per quant’è promuovibile e variegato all’eccesso, tolte le tematiche da offrire (similari, nient’affatto leziose, e comunque frustranti se ci si concentra sul trend commerciale del momento, perché non si ha il coraggio di osare bucando una vena poetica per esempio). Contattatemi pure in maniera decente su Facebook, scorgendo, tra il torto e la ragione che posso stimolare, la più classica delle vie di mezzo, aspettando magari una chattata sconcertante per com’è bello sensibilizzare, imprigionati da un’intimità tutta per aria, rabbrividante volendo nutrire potenzialità per farla valere 1 invece che accontentarsi passando il tempo ad arrotondare uno 0.

A chi dedichi i tuoi successi, Vincenzo?
Innanzitutto andrebbero ritenuti tali oggettivamente, e questa è una piccola/media impresa che solo chi ha la pazienza di accettarmi come un affetto, con il fiato lungo, di reputare il mio silenzio come un sollievo (pur sempre da scuotere all’improvviso), può far mutare in sorriso. Perché è dura focalizzare la modestia tra i capricci di un perbenismo d’ambizione, stare bene tra innumerevoli riconoscenze da verificare.
  
Come al solito, in chiusura facciamo la domanda di rito. Quella che caratterizza “Scritturati”. Quale omaggio hai pensato per i nostri lettori Vincenzo?
Il titolo della mia opera prima si presta a introdurre uno dei poemetti che essa include, riportandolo per l’occasione ringrazio Cristina per la disponibilità e invito lei e i visitatori della sua pagina a non tradire l’istinto nel descriversi autonomamente, nell’illuminarsi per sciogliere le interpretazioni altrui.

C’è da giurare che siamo veri, ma dobbiamo fare rima con modernità, servire a dare il sapore a quello che si è perso stando al centro dell’attenzione in modo banale. Continuiamo a perdere l’indipendenza col suo lucido in eccesso, a prescindere dalla relatività, dai micromondi, per della fragile trasparenza…
                                                        
Tifo per te
Senz’avere imparato ad accettarmi
Questa è una reazione da professionisti
Che soffrono lo stress
Che si divertono col tuo linguaggio
Portato in valigia come dei buoni acquisto
Per aver talento
Per non perdere mai.
Nasciamo per donarci al di fuori
Per calcolare una vergogna
Dietro ai caos organizzati
Con caratteristiche fisico-chimiche intorbidite
Con novità sporcate
Dal lavaggio dei tessuti
Dalla paura di misurarsi
Con l’autenticità di un marchio
Ristretto all’epoca
Al Tempo da cremare
Con l’amore per le vittorie.
Per delle scelte da sogno
Serve il cuore dei bambini
Un profumo intenso di Tempo piantato in segreto
Per ambientare gli ok.
Girovaghiamo per casa
Nel piacere d’invocarci
Continuando ad accumulare punti di vista
Per precisare la follia
E divorarci tra di noi
Dialogando con un giornale sotto stretto controllo
Ma finalizzato alla provocazione
E non ad offrire una condizione
Per incoronare la mia solitudine
Una percentuale di grassi in meno
Aiuti da commentare
Affollando i social - network
Per poi ritrovarsi a festeggiare
L’attesa degl’idoli
Lo smalto fresco sulle unghie
In un tocco di magia.
Con la natura della nostra noia
Scriviamo a degli esseri umani
Portati a correre
A confezionare denaro
Per un buon perché
Che lo raccoglierai dalla fantasia
In serbo per una innaturale rivoluzione, al dir poco incredibile.
Abbiamo da decidere il successo che ci meritiamo
Per rigare dritto
Su pelli di prestigio
Verso altre stelle da conquistare
In un clima di famigliarità
Abbracciando confidenze
I problemi allo stomaco
Nella modulazione della sicurezza che in realtà cerchiamo
Da vitamine anomale
Dal personale della produzione
Dall’acqua del rubinetto
Per difendere i risparmi
I motivi per scegliere una forma.

Ma rimango attaccato ai tuoi governi.



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