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martedì 29 luglio 2014

La follia oggi è quell'irrefrenabile voglia di sporcarsi le mani di vita grezza, cruda, semplice, per considerarsi dei veri matti - l'articolo di Vincenzo Monfregola

Folleggiando…
a cura di Vincenzo Monfregola


[...] Non ci saranno mai le parole "adatte" per portare un racconto a chi vuol sentirne uno qualsiasi, non v'è tempo "giusto" per zittire quella voce che consuma attimo per attimo. 

Irregolare e distolta quella sagoma che mi dipinge, la mia ragione non mente agli occhi.

Difficile tornare nel tempo, non sarà mai fine. 
Questo È e questo SARÀ il mio "convivere" - Cit. V.Monfregola [...]




Pazzia, follia… esser matti, oggi è facile cadere in quest’ordinaria congiura del mondo senza senso, basta il solo ritrovarsi là dove i comuni non guardano.
Troppi rumori a decantar vita, troppe distrazioni a segnare un tempo che non racconta altro se non di cronaca.
E’ un popolo di perduti questo secolo corrente, di teste che non pensano, ma vivono il riflesso di un’assurda militarizzazione dei costumi e diventiamo tutti soldatini a corda, vuoti e uguali, in divisa e con l’etichetta in petto.
Esser folli diventa essenziale perché solo essendo tali, si riesce a vedere con occhi che ascoltano e sentire con orecchie che guardano un mondo sconosciuto ai tanti; colori, forme, suoni, sinfonie di una vita armonica che riesce a “essere” per pochi, quei pochi che sono indicati come “folli”.

Persino Italo Svevo sosteneva che la follia fosse l’unico modo per vivere nella società, è stato uno dei pochi autori che veramente ha messo in discussione quanto la massa rende logico, a tanti può ed è sembrata assurda la sua tesi ma non sono dello stesso avviso.  Non esiste la “normalità” se non quella che ci prediligiamo sin dai primi passi dell’autoconvinzione, anche se la stessa è tale per tutte quelle “etichette” che la società impone sin dall’educazione dell’individuo. 
Non esiste il sano di mente, ma solo la dottrina di esser tali, la verità sta proprio nel demolire i limiti che giorno per giorno vogliono costringerci a indossare, per questo Svevo sosteneva che è meglio convincersi di essere malati piuttosto che illudersi di esser sani.
L’esser “sano” mette le catene “all’essere” e nessuno dovrebbe reprimere quanto respira a polmoni aperti di questa vita.
Ho scritto anch’io di follia: […] la carezza del vento, la melodica passione di un sole caldo o il fascino di una pioggia che bagna la terra, il prato incolto senza nome e deserto dalla folla, oppure l’umido che scende in valle e bagna di emozione tutto quello che nasce e muore sotto un cielo vero [...].

Credo fermamente che la pazzia non si possa raccontare, non vi sono parole portatrici di sensazioni materializzabili agli occhi dei ciechi, non v’è peggior guercio che vuole viver sordo. Bisogna provare quell’irrefrenabile voglia di sporcarsi le mani di vita grezza, cruda, semplice, per considerarsi dei veri matti.
La follia diventa dunque specchio di quelle anime che non vedono riflesso un corpo, ma un principio: il matto è irriverente come il ribelle diventa il pazzo agli occhi dei comuni, il folle è chi non cerca quel che vorrebbe ma ama quel che già ha; è quel qualunque che respira a polmoni pieni l’aria che accarezza con le dita e l’essenza che porta un nome, un solo nome ed è “Vita”.


Quando
l'amore dei sensi
intacca la vita,
esaltagli animi.
Rende unici
ed inconfondibili
momenti
che indelebili
raccontano
della propria natura,
allora quella è follia...
Se esser folli
significa trafugare
di tutto ciò che è "vita",
allora sì,
voglio esser folle!
©  Follia di Vincenzo Monfregola



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